Calma apparente a Rawalpindi dopo le violenze fra sunniti e sciiti. Rimosso il coprifuoco
di Jibran Khan
Gli scontri in occasione del Muaharram hanno causato almeno 80 morti e oltre cento feriti, anche se il bilancio ufficiale è di una decina di vittime. L’esercito resta in stato di allerta. Vescovo di Islamabad: “Preghiere per la pace nel Paese”. Parlamentare pakistano accusa il governo: falle nella sicurezza, rispristinata la legalità grazie all’esercito. Leader sciita: in atto un “genocidio” contro di noi.

Islamabad (AsiaNews) - A Rawalpindi hanno riaperto scuole ed edifici commerciali, all'indomani delle violenze confessionali fra sunniti e sciiti che hanno causato almeno 80 morti e circa 125 feriti, tra cui 50 bambini di una scuola coranica. Le stime ufficiali finora fornite parlano di una decina di vittime, ma il numero - secondo fonti ospedaliere - sarebbe di molto superiore; le autorità temono una spirale di violenze e per questo ridimensionano il bilancio. Le forze dell'ordine hanno tolto i container a protezione delle strade principali e hanno rimosso il coprifuoco; tuttavia, resta ancora in vigore il divieto di riunione e assembramento in pubblico, in base all'art. 144 del Codice penale pakistano. Secondo quanto riferisce il coordinatore distrettuale (Dco) Sajid Zafar Dall, le forze dell'ordine rimangono in stato di massima allerta e sono pronte a intervenire in qualsiasi momento. Per prevenire ulteriori tensioni, ieri non si sono celebrate messe né funzioni domenicali nelle chiese situate nelle aree "sensibili", in cui sono avvenuti scontri fra sunniti e sciiti.

È una situazione di calma apparente quella che si respira in queste ore a Rawalpindi, nel Punjab, teatro il 15 novembre scorso di scontri settari divampati durante una processione. In questi giorni infatti, la comunità sciita festeggia il Muharram, il mese sacro, in ricordo del martirio di Ali, il genero di Maometto, alla base della propria tradizione. Anche in passato il primo mese del calendario islamico è stato teatro di attacchi in Pakistan.

Dalla morte del leader talebano Meshud il governo di Islamabad ha rafforzato i dispositivi di sicurezza in tutto il Paese, anche se i provvedimenti messi in campo sinora non sono bastati a impedire focolai di violenza. Il più grave è avvenuto il 15 novembre, quando un gruppo di pellegrini sciiti in processione ha innescato uno scontro frontale con i fedeli sunniti intenti ad ascoltare il sermone dell'imam nella moschea.

Le parole della guida religiosa sunnita avrebbero offeso i pellegrini sciiti, che hanno risposto a parole (in un primo momento), poi la lite è degenerata trasformandosi in un bagno di sangue. Agli scontri hanno partecipato anche alcuni studenti di una vicina scuola islamica. Le due parti si sono scambiate colpi di arma da fuoco ed è stato incendiato l'intero mercato di Raja Bazar, in centro città. Alle fiamme anche una moschea/madrassa sunnita, assieme ad un centinaio di negozi.

La voce secondo cui un gruppo di sciiti aveva incendiato una moschea sunnita si è presto diffusa per la zona, scatenando la reazione della maggioranza (in Paksitan l'80% circa è musulmano sunnita), che ha iniziato ad attaccare gli sciiti in preghiera per il Muharram. Solo grazie all'intervento dell'esercito - unito all'interruzione delle comunicazioni telefoniche e l'imposizione del coprifuoco - la situazione è tornata sotto controllo e si è impedita una vera e propria carneficina.

Secondo alcune testimonianze, un gruppo di sciiti avrebbe assaltato la moschea e sgozzato gli studenti all'interno. Per alimentare la tensione, in queste ore sono circolate via internet immagini di bambini sgozzati, unite all'appello in cui si invoca la vendetta dei sunniti. Islamabad ha ordinato la creazione di una commissione parlamentare per indagare sugli incidenti.

Interpellato da AsiaNews mons. Rufin Anthony, vescovo di Islamabad/Rawalpindi, chiede preghiere per la pace. "È una vicenda terribile - afferma - e poco conta chi è stato il primo a iniziare. Chiediamo a tutti di sedersi e pregare per la pace nel Paese. Con la violenza non si è mai risolto nulla; anzi, ha sempre lasciato ferite difficili da curare". Il parlamentare Sheikh Rasheed Ahmed non risparmia critiche al governo: "Vivo nella zona - sottolinea - e ogni anno si verificano scontri. La sicurezza andava rafforzata [...], si tratta di un buco evidente nella sicurezza. Per la prima volta è stato imposto il coprifuoco a Rawalpindi. L'intervento dei militari ha permesso di ripristinare calma e legalità". Un rappresentante della comunità sciita accusa: "Da tempo è in atto una cospirazione, perché gli sciiti vengano bollati come minoranza in Pakistan. In diverse zone del Paese si sono verificati attacchi contro gli sciiti; vi sono diversi elementi implicati in quello che possiamo definire il genocidio degli sciiti in Pakistan".