Corea del Nord: condoglianze per la morte del papa
Il regime invia, per voce dell'Associazione cattolici, le condoglianze per la morte di Giovanni Paolo II. La repressione sulle religioni è però sempre in vigore.

Pyongyang (AsiaNews/Agenzie) – La Corea del Nord, uno dei regimi più oppressivi al mondo, ieri si è unita al mondo nel presentare le condoglianze per la morte del papa, Giovanni Paolo II. Samuel Jang Jae-on, capo della Commissione centrale dell'Associazione cattolici coreani, ha inviato un messaggio di condoglianze al Vaticano. L'Associazione è legale nel Paese, in quanto registrata e controllata dagli organi ufficiali del regime di Kim Jong-Il.

Secondo fonti locali, i cattolici della Corea del Nord hanno celebrato momenti di preghiera in suffragio del pontefice. Nella  nota Jang scrive: "Dopo aver udito le cattive notizie, esprimo delle condoglianze profonde. Tutti i cattolici credenti del nostro Paese stanno celebrando funzioni in memoria di Giovanni Paolo II, con profondo cordoglio. Le funzioni si svolgono nella cattedrale Jangchung, a Pyongyang, e nei luoghi di culto familiari in giro per il Paese".

La Corea del Nord nega di reprimere i culti, e dice che la libertà religiosa è assicurata sul suo suolo. Afferma che le prove di questa dichiarazione sono i templi e le chiese sparsi per il Paese.

In realtà, in Corea del Nord è permesso soltanto il culto del leader Kim Jong-Il e di suo padre Kim Il-Sung. Il regime ha sempre tentato di ostacolare la presenza religiosa, in particolare di buddisti e cristiani, e impone ai fedeli la registrazione in organizzazioni controllate dal Partito. Sono frequenti le persecuzioni brutali e violente nei confronti dei fedeli non iscritti e di coloro che praticano l'attività missionaria. Da quando si è instaurato il regime comunista nel 1953, sono scomparsi circa 300 mila cristiani e non ci sono più sacerdoti e suore, forse uccisi durante le persecuzioni. Attualmente sono circa 100 mila quelli che nei campi di lavoro sono sottoposti a fame, torture e perfino alla morte. Ex funzionari nord-coreani e prigionieri hanno affermato che i cristiani nei campi di rieducazione o in carcere sono trattati molto peggio degli altri detenuti.