Il confine ucraino, dove Putin, Europa e Stati Uniti rischiano la fine
di Vladimir Rozanskij
Il territorio ucraino รจ sempre stato conteso e occupato da polacchi, mongoli, russi. Le pretese dello zar Putin sono troppo grandi; le proposte dell'Unione europea troppo vuote; le grida degli Stati Uniti troppo confuse. La fine delle ideologie e dei grandi disegni a favore dell'emergenza dei popoli.

Mosca (AsiaNews) - La parola russa u-kraina, da cui deriva la denominazione dello Stato in subbuglio in questi giorni, significa "al margine", ai confini. In effetti, prima del ventennio post-sovietico che sta volgendo al suo epilogo, cronologico e socio-politico, l'Ucraina come nazione indipendente non è mai esistita.

Il territorio dell'antico principato di Kiev, terra-madre degli slavi orientali oggi divisi tra Ucraina, Russia e Bielorussia, non si è mai costituito come Stato a sé, dopo aver subito la lunga occupazione mongola (il "giogo tartaro" dei secoli XIII-XV).

In epoca moderna, dopo i tentativi della Grande Polonia di annettersi tutti i territori orientali, l'Ucraina è sempre rimasta una parte, certo non di poco conto, dell'impero russo prima e sovietico poi. La parte più occidentale (Galizia) è sempre in qualche modo rimasta in orbita polacca, e la capitale di questa zona, Leopoli, conserva ancora oggi, nonostante la lunga omologazione sovietica, gli aspetti di una cittadina asburgica e mitteleuropea, più vicina a Praga e Budapest, che non a Kiev e Mosca.

D'altra parte, è storia recente l'annessione della Crimea alla Repubblica sovietica di Ucraina, gentile concessione dell'ucraino Khruschev alla regione nativa, decisa dopo una notte di bagordi a base di vodka. Anche i territori orientali, con importanti città industriali come Khar'kov, Donetsk e Dnepropetrovsk, sono espressione della cosiddetta "piccola Russia", quella zona in cui i russi spedivano intere fette di popolazione per tanti aspetti meno integrate, tra cui gli ebrei, che a loro volta si erano attestati nel grande porto ucraino di Odessa, la città da cui partirono le navi per popolare e formare lo Stato d'Israele.

In definitiva, l'Ucraina, non è altro che la somma delle contraddizioni della storia russa, e in buona parte di quella europea. Contraddizioni che esplodono regolarmente ad ogni mutamento epocale, come sta avvenendo in questi giorni, con le solite rivolte e i soliti timori di sempre, dal Seicento ad oggi. Ciò significa che l'intera epoca moderna, in realtà non è stata capace di venirne a capo.

Tali contraddizioni, in definitiva, sono tre:

1) l'Europa che non ha coscienza di sé;

2) la Russia che non ha coscienza di ciò che non è;

3) l'Oriente e l'Occidente, che non conoscono i propri confini.

Nella crisi ucraina di questi giorni, l'Europa ha dimostrato di non sapere chi è, che cosa vuole e dove pensa di andare. Ha proposto all'Ucraina un modello di integrazione debole, fumoso e insostenibile, come in effetti avviene per tutti gli altri Stati che compongono la cosiddetta Unione Europea, e ora si ritrova una patata bollente che non ha idea di come prendere (o non prendere).

La Russia ha cercato di riaffermare la propria potenza e il proprio ruolo dominante, rispetto a un territorio che considera proprio come l'Ucraina e rispetto all'Europa, di cui non ha alcuna considerazione. Ogni nuovo zar, come oggi Putin, vorrebbe ripetere la marcia di Alessandro I, il vincitore di Napoleone: entrare trionfalmente a Parigi, facendo accampare sui suoi viali i battaglioni dei suoi cosacchi (ucraini), e imporre a tutti la Santa Alleanza in nome dell'Ortodossia russa, l'unica vera fede in grado di salvare il mondo.

Ma Putin si è dovuto limitare a riprendersi la Crimea, dove del resto vivono quasi soltanto russi, una specie di bottiglia vuota lasciata da Khruscev.

L'Oriente si è scontrato di nuovo con l'Occidente, in un luogo dove i confini si confondono e si sovrappongono come le giurisdizioni della stessa Chiesa Ortodossa: in Ucraina esiste infatti un metropolita autonomo, uno fedele a Mosca, un terzo dipendente da Costantinopoli e un quarto di obbedienza papalina, oltre ad altri sotto-scismi piuttosto indecifrabili.

Il Paese che è esso stesso un confine, mostra di non sapere qual sia il verso da cui guardare il mondo, e mette a nudo i concetti stessi di Occidente e Oriente, contenitori vuoti di ideali e modelli continuamente superati dalla storia.

Non è veramente Oriente la Russia, come non è veramente Occidente l'America, in questo millennio di globalizzazione che sta azzerando tutte le certezze e riportando il mondo alle dimensioni indefinite delle epoche più antiche. L'America guarda al calderone ucraino ed europeo senza più raccapezzarsi: chi è con noi, e chi è contro? La divisione dei buoni e dei cattivi non funziona più, come già si è visto in Siria e in tutte le crisi mediorientali; del resto, sarebbe dovuta bastare la lezione afghana di fine Novecento, dove l'America appoggiò con entusiasmo il "combattente per la libertà" Osama Bin Laden...

Nella rivolta ucraina finisce il sogno di Putin: quello di restaurare l'Unione Sovietica purificata dall'ideologia sovietica, in nome della Santa Ortodossia. Finisce anche l'ipocrisia dell'Europa, la casa di tutti i popoli, in cui non si riesce ad entrare, e chi è dentro non riesce a uscire.

Finisce pure il sogno americano, di tracciare in tutto il mondo i confini del Far West e chiudere tutti gli indiani nelle loro riserve.

E forse potrà iniziare il tempo degli uomini e dei popoli, che in Ucraina, terra di origini e di confini, ritrovano la voglia di scrivere da soli la propria storia.