Sri Lanka, attivisti cristiani al governo: No alla legge antiterrorismo, minaccia la democrazia
di Melani Manel Perera
Il Christian Solidarity Movement (Csm) e altre associazioni per i diritti umani hanno manifestato e presentato al ministero della Giustizia una richiesta ufficiale per abolire il Prevention of Terrorism Act (Pta). I dimostranti hanno ricordato i casi recenti di arresto e detenzione in nome del provvedimento. Tra i tanti quello di Ruki Fernando e p. Praveen Maheshan.

Colombo (AsiaNews) - Abolire la legge antiterrorismo, liberare chi è arrestato in modo arbitrario e garantire i diritti umani e legali di chi si trova in stato di prigionia. Sono le richieste presentate al ministero della Giustizia da associazioni cristiane e non dello Sri Lanka, che il 25 marzo scorso hanno organizzato una manifestazione davanti alla magistratura di Colombo, la capitale. Tra loro erano presenti anche i familiari di persone scomparse durante e dopo la guerra civile, di cui non si hanno più notizie. P. Ashok Stephen e p. Marimuttu Sathivil, membri del Christian Solidarity Movement (Csm), sono stati ricevuti dal Ministro e gli hanno consegnato una lettera ufficiale.

Oltre che dal Csm, il documento è stato preparato dal Collective of the Families of the Disappeared, il Janawabodhaya Centre, il National Fisheries Solidarity Movement e il Ceylon Teachers Union.

Il governo dello Sri Lanka continua a sostenere la necessità della legge antiterrorismo (Prevention of Terrorism Act, Pta), affermando che nel Paese c'è chi sta tentando di riformare le Liberation Tigers of Tamil Eelam (Ltte), i ribelli delle Tigri tamil che per quasi 30 anni (1983-2009) ha lottato per la creazione di uno Stato indipendente nelle province nordest del Paese (a maggioranza tamil). Tuttavia gli attivisti per i diritti umani sostengono che la democrazia sia in pericolo proprio per colpa di questa legge.

La manifestazione è stata organizzata in seguito all'arresto di p. Praveen Maheshan, sacerdote tamil, e Ruki Fernando, attivista cattolico singalese. Liberati dopo tre giorni di detenzione, i due erano stati fermati in base al Pta per aver chiesto informazioni su Balendran Jeyakumari, attivista per i diritti tamil arrestata insieme alla figlia 13enne, con l'accusa di "dare rifugio a un criminale".

Se la vicenda di p. Praveen e Fernando si è risolta con il loro rilascio - nonostante un ordine restrittivo emesso da un tribunale di Colombo - grazie anche a una grande campagna mediatica, non si può dire lo stesso per la donna tamil e la figlia, o per altri episodi simili accaduti nel nord del Paese. Oltre al caso di Balendran, nella loro lettera le associazioni fanno riferimento a quello di Nitharshana, 28 anni, arrestata a Wiahwamadhu dal 12 marzo scorso, di cui non si conosce l'attuale ubicazione, e di K. Sharmila di Paalai Otturu, incinta e in prigione nel centro detentivo di Boosa dal 13 marzo.

Suor Ramani, religiosa della Sacra Famiglia, mostra particolare preoccupazione per la situazione di Balendran Jayakumari: "Sua figlia Vibhushika ha solo 13 anni e si trova sotto sorveglianza. Ha già perso suo padre e due fratelli durante la guerra. Un terzo è scomparso dopo essere stato portato via dall'esercito. È rimasta solo la madre a proteggerla, ma dopo queste false accuse ha perso anche lei. Quello che ha fatto il governo, privare una figlia di sua madre, è una cosa vergognosa".