Dongguan, riprende lo sciopero del tessile: 40mila operai incrociano le braccia
La protesta riguarda la Yue Yuen, fabbrica che ha contratti con colossi come Nike, Adidas e Timberland. I lavoratori denunciano il mancato versamento dei contributi e chiedono un aumento salariale, assicurazione sanitaria e indennizzo in caso di infortunio.

Dongguan (AsiaNews) - Lo sciopero dei lavoratori del tessile di Dongguan, proclamato lo scorso 14 aprile 2014 e interrotto ieri dopo "colloqui" con gli imprenditori locali, è ripreso questa mattina. Circa 40mila operai, tutti impiegati nelle 7 fabbriche della Yue Yuen, hanno interrotto la lavorazione e sono uscite dalla fabbrica per protestare contro il trattamento salariale. Per i dirigenti della compagnia, ad aderire allo sciopero sono state solo 1000 persone.

La Yue Yuen ha contratti di partnership con colossi del tessile internazionale come Nike, Adidas e Timberland. I lavoratori chiedono un miglior salario, assicurazione sanitaria, agevolazioni sulle abitazioni e risarcimento in caso di incidenti sul lavoro. I temi sono quelli che hanno reso il manifatturiero cinese il più competitivo al mondo: protetti da una legislazione carente, e comunque quasi mai applicata, i big della produzione industriale hanno delocalizzato sempre di più nel "dragone d'Asia" per ottenere profitti maggiori. Le proteste sociali e i primi scioperi, che si verificano a cadenza regolare oramai da circa tre anni, dimostrano che la popolazione non ha più intenzione di accettare queste condizioni.

Dopo la prima marcia degli scioperanti, avvenuta nel pomeriggio del 14 aprile alla presenza di centinaia di poliziotti, la Yue Yuen ha annunciato un nuovo piano di benefit sociali per i proprio operai e ha chiarito che lo sciopero ha influito in maniera "media" sulla produzione. Ma i lavoratori sembrano intenzionati ad andare avanti, anche per sanare le posizioni pregresse soprattutto dal punto di vista pensionistico.

Un operaio di circa 40 anni, che non vuole essere nominato, dice: "Molti di noi hanno fatto delle ricerche e hanno scoperto che i contributi versati per il nostro lavoro erano inferiori a quelli denunciati. Qualcuno si è ritrovato con una pensione inferiore a quanto dovuto. È una situazione che va avanti da due decenni. Non ci fermeremo fino a che non saremo ascoltati".