Cina: estremisti islamici del Turkestan rivendicano l'attentato di Urumqi
Un video mostra la preparazione di una delle bombe artigianali usate durante l'attacco, che ha provocato 3 vittime e 79 feriti. Gli autori sarebbero tutti membri del Partito islamico del Turkestan, che chiede l'indipendenza dello Xinjiang dalla Cina. Il governo: "Vogliono distruggerci ma reagiremo".

Pechino (AsiaNews) - Il Partito islamico del Turkestan (Pit) ha rivendicato questa mattina la paternità dell'attacco terroristico condotto lo scorso 1 maggio 2014 alla stazione ferroviaria di Urumqi, capitale della provincia occidentale dello Xinjiiang. Nell'attentato sono morte 3 persone - due attentatori e un civile - e sono rimaste ferite 79 persone. La rivendicazione è stata annunciata da SITE - sito che traccia e controlla i movimenti estremisti islamici nel mondo - secondo il quale il Pit ha pubblicato un video di 10 minuti in cui mostra come sia stata costruita una delle bombe artigianali usate durante l'attacco.

Insieme all'East Turkestan Islamic Movement, il Pit dichiara di "riunire" nella sua organizzazione tutti coloro che vogliono ottenere l'indipendenza da Pechino e la piena libertà religiosa "a tutti i costi". Fino a oggi, entrambi i movimenti estremisti hanno tenuto un profilo molto basso, evitando rivendicazioni pubbliche o dichiarazioni a favore dello scontro armato.

La regione dello Xinjiang è una delle più turbolente di tutta la Cina: qui vive l'etnia uighura, circa 9 milioni di persone turcofone e di religione islamica, che ha sempre cercato di ottenere l'indipendenza da Pechino. Il governo centrale, da parte sua, ha inviato nella zona centinaia di migliaia di cinesi di etnia han per cercare di renderli l'etnia dominante. Inoltre impone serie restrizioni alla libertà religiosa, alla pratica musulmana, all'insegnamento della lingua e della cultura locale.

Dal 2009 è in atto un regime speciale di controllo da parte della polizia e dell'esercito cinese, imposto da Pechino dopo gli scontri nei quali quasi 200 persone persero la vita. In seguito a quelle violenze sono state inflitte centinaia di condanne a pene detentive e decine di condanne a morte. Le autorità cinesi ritengono che i responsabili delle violenze siano estremisti musulmani, ma gli esuli sostengono che Pechino "esagera" la minaccia del terrorismo islamico per giustificare la repressione contro la popolazione uighura.

Negli ultimi mesi, tuttavia, si sono intensificati gli attacchi violenti che Pechino iscrive all'etnia. Lo scorso 1 marzo 2014, un attacco contro la stazione ferroviaria di Kunming effettuato da uomini armati di coltello ha provocato 29 morti e più di 150 feriti; il 28 ottobre 2013, l'esplosione di un suv in piazza Tiananmen ha fatto altre 3 vittime. Infine, il primo maggio 2014 un attentato nella stazione ferroviaria di Urumqi - capitale dello Xinjiang - ha provocato 3 morti e 79 feriti: la violenza è esplosa subito dopo la partenza dall'area del presidente Xi Jinping.

Hua Chunying, portavoce del ministero degli Esteri, ha dichiarato questa mattina che la Cina "dovrebbe rafforzare" la propria posizione sui gruppi separatisti: "Sono emersi nel tempo alcuni nuclei estremisti violenti. Questi sono in combutta con gruppi stranieri e portano avanti attacchi violenti nello Xinjiang e in altre parti della Cina per distruggere la nostra politica nazionale e la stabilità sociale. Speriamo che tutto il mondo riconosca la loro violenza e sostenga il governo cinese nella sua lotta contro il terrorismo".