Missionario Pime: "Occupy non si ferma. E' urgente una rivoluzione sociale per la Cina e Hong Kong"
Il p. Franco Mella, a Hong Kong dal 1974, spiega che la posizione di Pechino sulla democrazia nel Territorio "era prevedibile. Le iniziative continueranno in maniera pacifica. Ma è necessario allargare il discorso della democrazia e della giustizia e non limitarlo alla realtà locale. Dobbiamo portare avanti un cambiamento reale, che unisca la nazione in nome del benessere per tutti".

Hong Kong (AsiaNews) - Quello che serve davvero alla società cinese "non è soltanto una rivoluzione politica limitata alla realtà di Hong Kong, ma una rivoluzione sociale che comprenda anche la Cina continentale. È necessario rimettere al centro degli sforzi della politica, dell'economia e della società civile le necessità della popolazione, partendo dagli emarginati. Altrimenti non cambierà mai nulla". Lo dice ad AsiaNews p. Franco Mella, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime), che dal 1974 ha vissuto ad Hong Kong e in Cina.

Secondo p. Mella, da decenni al fianco degli sfruttati e sostenitore del movimento democratico, il rifiuto di Pechino di concedere il suffragio universale al Territorio "era prevedibile, ma non fermerà Occupy Central. Il gruppo ha già annunciato nuove manifestazioni di protesta pacifica, e continuerà a fare il possibile per ottenere vera democrazia per Hong Kong. Tuttavia, sappiamo già come risponderanno le autorità: alcuni carcerati che vado a trovare mi raccontano che il governo ha spostato molti di loro in altre strutture, per fare spazio ai nuovi arresti dei giorni prossimi".

Questo è "solo un esempio", dice il missionario, "ma spiega abbastanza bene che se si vuole fare un discorso di democrazia e di libertà, questo va fatto non solo per Hong Kong ma per tutta la Cina. È chiaro che, nella situazione attuale, il governo centrale di Pechino può controllare agevolmente quello che accade nel Territorio. Sarebbe necessario che noi, sia come movimento democratico che come Chiesa cattolica, facessimo un discorso più globale. Certi valori che si sono affermati nelle rivoluzioni cinesi degli ultimi decenni, valori come 'servire il popolo', potrebbero essere ripresi dai cattolici come idea generale, una base da cui ripartire".

Tuttavia, per ottenere un risultato del genere, "dovremmo avere davanti un sistema che non mette in prigione gli oppositori, un capitalismo di Stato che investe in altre nazioni e che nel contempo paga una miseria per i suoi lavoratori. Perché esistono sacche di povertà in un Paese così ricco come la Cina, sacche che poi devono essere sostenute dalla beneficienza e dalla carità? Perché non investire davvero i propri guadagni in maniera reale per il bene del popolo?".

La cronaca politica di questi giorni dà ragione a p. Mella: oltre alla realtà di Hong Kong, infatti, tante altre realtà nel mondo cinese sostengono i valori democratici che Pechino ha voluto soffocare nell'ex colonia. Si passa da dissidenti cinesi come Wang Dan e Mo Shaoping, che hanno pubblicamente espresso "ammirazione" per Occupy Central, al Partito democratico progressista di Taiwan, fino al movimento per il suffragio universale di Macao.

Come andrà a finire, riprende p. Mella, "non lo sa nessuno. C'è da dire che fra i cristiani si è sviluppato un forte impulso ad allargare il discorso sociale, una maggiore volontà di mettersi di più al servizio della gente. Con alcuni protestanti, abbiamo firmato un documento in cui abbiamo denunciato e risposto alle falsità del movimento contrario ad Occupy Central. Loro sostengono che questo distruggerà la pace e l'economia del Territorio, che diventerà ingovernabile  e così via. Noi abbiamo risposto che è un movimento pacifico, quasi sulla falsariga di Gandhi, e che le loro sono soltanto provocazioni".

Per quanto rimanga forte il desiderio di democrazia, conclude il missionario, "dobbiamo sforzarci di capire che il concetto 'una nazione, due sistemi' non può durare per sempre. Mi rendo conto che è un progetto a lunghissima scadenza, ma dobbiamo impegnarci di più per costruire una patria e un sistema, un sistema nuovo in cui a essere il centro sia veramente il popolo. Per ottenere questo risultato serve una rivoluzione del cuore all'interno della società, un maggiore impegno nei confronti di chi ha di meno e una ferma volontà di giustizia".