Kobane: controffensiva curda contro lo Stato islamico, rimossa la bandiera jihadista
Le milizie curde hanno riconquistato la collina di Tall Shair e tolto la bandiera islamista. La loro avanzata agevolata dai raid dell’aviazione Usa. Obama incontra i vertici militari della coalizione; Ankara blocca gli aiuti ai curdi, nega l’uso delle basi aeree e bombarda i ribelli del Pkk.

Damasco (AsiaNews/Agenzie) - Le milizie dell'Unità per la protezione del popolo (Ypg, i combattenti curdi in Siria) hanno riconquistato la collina di Tall Shair, a ovest di Kobane, città curdo-siriana al confine con la Turchia dall'importanza strategica. Lo riferiscono fonti locali, diffondendo le immagini della cima da cui hanno ormai rimosso (nella foto) la bandiera dello Stato islamico (SI) che campeggiava dal giorni. L'avanzata dei combattenti curdi si è resa possibile grazie anche a una serie di attacchi aerei compiuti dalla coalizione guidata dagli Stati Uniti nella lotta al gruppo terrorista. Dieci giorni fa la collina era stata catturata dai jihadisti, durante l'assedio per la conquista della città; si tratta di un centro dall'importanza strategica enorme, perché consente di controllare una fetta consistente della frontiera fra Siria e Turchia, almeno 100 km di territorio fino alla roccaforte islamista di Raqqa.

Nel fine settimana le milizie Ypg hanno promosso una controffensiva verso lo SI, che tiene Kobane sotto assedio da oltre tre settimane. Nelle ultime ore i combattenti curdi avrebbero espulso i jihadisti da diversi quartieri della città, nelle loro mani da diversi giorni. Sempre oggi i curdi hanno ripreso il controllo del villaggio di Tilshahir, 4 km a ovest della città.

Nel pomeriggio il presidente Usa Barack Obama incontra i vertici militari degli oltre 20 Paesi che hanno aderito alla coalizione contro lo Stato islamico in Siria e Iraq. Si tratta del primo summit fra ufficiali di alto grado, dall'inizio dell'offensiva (aerea) contro i combattenti jihadisti. 

Nel frattempo Ankara smentisce l'annuncio del governo statunitense e nega l'uso delle proprie basi aeree per attaccare le milizie dello Stato islamico. A dispetto delle proteste in tutto il mondo e degli appelli di diverse cancellerie occidentali, la Turchia non interviene per fermare il massacro dei siriani oltreconfine; inoltre il governo - timoroso dell'irredentismo curdo definito spesso un "cancro" per la Turchia - ha bloccato un carico di armi che i curdi irakeni avevano inviato ai siriani. Fonti curde siriane riferiscono che il carico non ha mai raggiunto Kobane a causa della mancata apertura di un corridoio di transito, richiesto ancora oggi a gran voce dal presidente francese François Hollande. 

Di contro, aerei dell'aviazione turca hanno bombardato gruppi ribelli del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) nella provincia di Hakkari, nei pressi del confine con l'Iraq, causando "pesanti perdite"; la notizia proviene dai media di Ankara e, se confermata, si tratterebbe del primo - pesante - attacco contro i ribelli curdi del Pkk in Turchia dal raggiungimento del cessate il fuoco nel marzo 2013.