Valanga di fango in Sri Lanka, lo Stato "sapeva, ma non ha avvertito la popolazione"
di Melani Manel Perera
È la denuncia di p. Marimuttu Sathivel, sacerdote anglicano e membro del Christian Solidarity Movement (Csm). Centinaia di persone sono morte, intrappolate nelle loro case. Le autorità avevano ricevuto l'allarme, ma nessuno ha ordinato di evacuare l'area.

Colombo (AsiaNews) - Una "tragedia annunciata", di cui sono responsabili lo Stato, i proprietari delle piantagioni da tè e i sindacati. Così p. Marimuttu Sathivel, attivista anglicano per i diritti umani, commenta ad AsiaNews la valanga di fango che a fine ottobre ha travolto un intero villaggio a Meeriyabedda. Centinaia di persone, tutti lavoratori delle vicine piantagioni, sono morte. Secondo il sacerdote, è "il più grave disastro naturale avvenuto in Sri Lanka dopo lo tsunami del 2004".

"Il problema - spiega p. Sativel, che è anche membro del Christian Solidarity Movement (Csm) - è che le persone non sono state avvertire delle imminenti alluvioni, nonostante le amministrazioni locali lo sapessero bene".

Secondo l'autorità statale infatti, giorni prima del disastro i funzionari distrettuali avevano ricevuto l'allarme che l'area era in pericolo. Ma nessun organo competente si è preoccupato di riferirlo agli abitanti. Lo stesso è accaduto con gli allerta lanciati dalla National Building Resources Organization (Nbro). "Sapevano tutti - aggiunge l'attivista - che l'area è ad alto rischio, ma nessuno ha dato l'ordine di evacuare la zona".

"Ora che queste persone hanno perso tutto - continua - chi si assumerà la responsabilità di quanto accaduto? Prendersi cura di quella comunità era compito dei sovrintendenti e dei proprietari delle piantagioni; dei sindacati; delle amministrazioni; dei politici che hanno fatto promesse in campagna elettorale, ma che poi non le hanno mantenute".