Xi Jinping commemora in modo solenne il massacro di Nanchino
Alla cerimonia di Stato hanno partecipato 10mila persone. Aggiunte tre feste nazionali per ricordare anche la fine della Seconda guerra mondiale e l'invasione della Cina da parte del Giappone. Xi ha suggerito che la commemorazione serva alla pace non all'odio fra i due popoli. L'arma del patriottismo per sostenere il governo.

Nanchino (AsiaNews) - Il presidente Xi Jinping ha voluto commemorare con inaudita solennità il massacro di Nanchino del 1937, quando le truppe giapponesi che avevano invaso la Cina uccisero più di 300mila cinesi, in maggioranza civili.

Quest'anno, per la prima volta, la commemorazione è al livello di festa nazionale, assieme ad altre due - nel prossimo anno -  che ricorderanno la fine della Seconda guerra mondiale e l'invasione della Cina da parte del Giappone. All'evento hanno partecipato almeno 10mila persone.

Nel suo discorso, Xi ha definito il massacro "un orrendo crimine contro l'umanità e una buia pagina nella storia dell'umanità". Egli si è anche scagliato contro chi "glorifica la guerra", ferendo "la pace e la giustizia della razza umana", in un sottile riferimento ai politici giapponesi che ogni anno visitano il santuario di Yasukuni dove sono conservati i resti degli "eroi" giapponesi, considerati da altri - perlomeno alcuni di essi - dei veri "criminali di guerra".

Xi ha anche sottolineato che la cerimonia deve spingere alla pace, non "proseguire nell'odio", sebbene non vadano dimenticati "gli orribili crimini commessi dagli invasori".

Il massacro di Nanchino (che i cinesi spesso definiscono "lo stupro di Nanchino") è uno dei temi più sensibile nel rapporto fra Cina e Giappone.  Secondo Pechino, Tokyo non ha mai chiesto realmente perdono per quanto commesso; il Giappone, da parte sua, dice di averlo fatto e accusa la Cina di gonfiare ad arte le cifre del massacro.  Ognuno si richiama alla storia per aizzare i propri connazionali contro l'altro Paese e - soprattutto - per aumentare e solidificare il sostegno della popolazione al proprio governo.