Il popolo dello Sri Lanka verso le elezioni "più importanti della sua storia"
di Melani Manel Perera
Domani circa 15 milioni di elettori registrati esprimeranno il loro diritto di voto, per eleggere il nuovo presidente del Paese. Mahinda Rajapaksa, attuale capo di Stato, corre per un terzo mandato. Contro di lui un suo ex alleato, che ha buone probabilità di vittoria. Il timore di brogli e violenze. I cristiani auspicano un cambio di sistema.

Colombo (AsiaNews) - Domani il popolo dello Sri Lanka andrà alle urne per quelle che molti considerano le elezioni presidenziali più competitive e importanti della storia del Paese. I partiti dell'opposizione temono episodi di violenza e brogli, e le comunità tamil lamentano un atteggiamento "intimidatorio" da parte dei militari. Ma a rendere "cruciale" il voto sono anzitutto gli sfidanti: da un lato Mahinda Rajapaksa, presidente in carica in cerca del terzo mandato; dall'altra Maithripala Sirisena, suo ex braccio destro, che un mese fa ha abbandonato la coalizione di governo (United People's Freedom Alliance, Upfa) per proporsi come candidato unico per tutti i partiti dell'opposizione.

Questa volta, per Rajapaksa si fa concreta la possibilità di uscire perdente dalle urne. Nel 2006, data d'inizio del suo primo mandato, il Paese era ancora nel pieno della guerra civile contro le Tigri Tamil, e il suo populismo gli è valso la vittoria. Approfittando della sconfitta dei ribelli (2009), Rajapaksa ha chiamato elezioni anticipate e nel 2010 ha trionfato di nuovo. Tuttavia, il voto è stato macchiato da brogli, uno spiegamento eccessivo dell'esercito e un mandato di cattura "già annunciato" per il gen. Sarath Fonseka, suo carismatico sfidante.

Fonseka è tra i sostenitori di Maithripala Sirisena, insieme al Jathika Hela Urumaya (Jhu, forte partito di impronta buddista), alla Tamil National Alliance, al Muslim Congress e ad altri partiti minori. Per Rajapaksa, Sirisena era ministro della Sanità e segretario generale dell'Upfa.

Che Rajapaksa tema di perdere le elezioni lo confermano le stesse azioni da lui compiute nelle ultime settimane: distribuzione di doni (in denaro o in mezzi di trasporto) e il rilascio di finanziamenti agevolati agli elettori. Per i critici, questi sono "forme di corruzione a tutti gli effetti". Inoltre, nel nord del Paese il governo ha aumentato la presenza (già forte) dei militari, con oltre 400 posti di blocco.

Secondo le comunità tamil, l'obiettivo dell'esercito è quello di "scoraggiare" la popolazione locale dal recarsi ai seggi.

Intanto, diverse associazioni cristiane hanno diffuso messaggi, in cui condannano "ogni forma di violenza e intimidazione" e invitano i fedeli a votare "con responsabilità e cautela, seguendo i valori del Vangelo". Il National Christian Council in Sri Lanka (Nccsl) ha ricordato che "votare è compito e diritto di tutti i cittadini, che devono esercitarlo nel pieno delle loro facoltà.

Il Christian Solidarity Movement (Csm) ha chiesto ai cristiani di "votare per un cambiamento del sistema, perché bisogna porre fine all'attuale 'presidenza esecutiva'". Quello dello Sri Lanka è un sistema semi-presidenziale, nel quale il presidente è capo dello Stato, del governo e comandante in capo delle forze armate. Questo, di fatto, ha conferito a Rajapaksa poteri quasi assoluti.