Chiara Lubich come Teresa d'Avila: si apre il processo di beatificazione
di Costanzo Donegana*
Il processo sarà aperto il 27 gennaio a Frascati dove la fondatrice dei Focolari ha vissuto per molto tempo e dove è sepolta. Il suo percorso nasce sotto i bombardamenti a Trento e si sviluppa in comunità che vivono l'unità. L'impegno ecumenico con Athenagora e con le Chiese protestanti. L'apertura ai membri delle altre religioni e agli atei. "Creare la fraternità universale già su questa terra".

Roma (AsiaNews) - Il 27 gennaio nella cattedrale di Frascati il vescovo mons. Raffaello Martinelli aprirà in modo ufficiale il processo di beatificazione di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari (o Opera di Maria). In questa diocesi Chiara ha vissuto gran parte della sua vita ed è sepolta. Maria Voce, presidente del Movimento, comunicando agli aderenti la notizia, ha augurato loro di essere "viva testimonianza" della santità collettiva proposta e vissuta da Chiara Lubich.

Da profonda conoscitrice di Teresa d'Avila, Chiara Lubich, ha messo in relazione la sua spiritualità con quella della santa spagnola. Questa aveva parlato di "castello interiore", per significare la presenza di Dio che abita nell'anima che si incontra con Lui nell'orazione. Chiara ha inventato l'espressione "castello esteriore": non tanto un'esperienza individuale fra la persona e Dio, ma comunitaria: "il castello esteriore in cui Dio è tra noi". 

Chiara aveva riscoperto il vangelo a Trento, durante la guerra, leggendolo nei rifugi sotto i bombardamenti: da un Dio che nessuna bomba può distruggere, alla volontà di Dio come risposta al suo amore, alla carità come primo comandamento, a Gesù "crocifisso e abbandonato", vertice dell'amore, a Gesù presente fra i suoi uniti nel suo nome. Fino al testamento di Gesù, "che tutti siano uno", l'unità come "magna charta della nostra nuova vita".

Questa spiritualità collettiva si è subito tradotta in pratica diffondendosi: Chiara e le sue prime compagne si insinuano nei quartieri dei poveri della città, raccogliendo la sfida del fratello Gino, comunista, su chi avrebbe conquistato Trento. In pochi mesi il piccolo gruppo si estende a 500 persone.

E poi si sparge per tutto il mondo, dall'Italia all'Europa e ai continenti, e a tutte le categorie dell'umanità. Tutti devono essere uno, da cui discende l'impegno dell'unità all'interno della Chiesa cattolica e fra le Chiese: Chiara sarà lo strumento privilegiato del rapporto fra Paolo VI e il patriarca Athenagora, che la chiamerà Tecla, col nome della collaboratrice di San Paolo. Sono poi seguiti i rapporti con i vari vescovi primati della Chiesa anglicana e i presidenti della Federazione Luterana e di altre chiese.  Ma Chiara sosteneva soprattutto l'ecumenismo del popolo, dalla base, attraverso l'amore reciproco che superasse le distanze e le colpe reciproche del passato.

E questo anche fra fedeli di altre religioni: buddisti, indù, ebrei, musulmani, che l'hanno riconosciuta come loro maestra spirituale. Il Gran Maestro buddista della Thailandia  Ajanh  Thong l'ha presentata ai suoi discepoli dicendo: "Il sapiente non è né uomo né donna, né bambino né adulto. Quando qualcuno accende la luce nell'oscurità non ci si domanda chi esso sia. Chiara è qui per donarci la luce che ha trovato".

Chiara non si è limitata al mondo dei credenti. Ha aperto le porte anche a coloro che chiamava "di convinzioni non religiose", col dialogo che "supera di gran lunga la tolleranza - affermava -.  È un arricchimento reciproco, è un volersi bene, è un sentirsi già fratelli, è un creare la fraternità universale già su questa terra".

Il "che tutti siano uno" ha portato Chiara nel cuore della società, e questo è stato il suo impegno maggiore negli ultimi due decenni della sua vita. Da qui è nata l'economia di comunione: "uomini nuovi" per una "cultura del dare". E il movimento politico, per ricuperare il valore e l'esperienza della fraternità, intuito dalla Rivoluzione Francese, ma dimenticato, contagiando e superando i partiti e le organizzazioni politiche.

Tutto ciò era la traduzione di una sua intuizione iniziale: "Ecco la grande attrattiva del tempo moderno: penetrare nella più alta contemplazione e rimanere mescolati fra tutti, uomo accanto a uomo".

E proprio quando inizia il processo di beatificazione, vale la pena ricordare quanto lei stessa ha affermato: "Se cercassimo la santità per se stessa, non la raggiungeremmo mai. Amare, dunque, e null'altro. Perdere tutto, anche l'attaccamento alla santità, per tendere solo ad amare".

* Missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere