Seoul (AsiaNews) - Una marcia lunga 520 chilometri, fermandosi ogni tre passi per inchinarsi fino a terra, per scuotere la coscienza civile della Corea del Sud e spingere il governo a lanciare una vera inchiesta che dica la verità sul naufragio del Sewol. L'hanno intrapresa Francesco Lee Ho-jin, battezzato dal Papa durante il viaggio apostolico nel Paese, e la figlia Ah-reum: nel disastro hanno perso il figlio e fratello Seung-hyeon.
I due sono partiti ieri pomeriggio dalla contea Jindo, nella provincia meridionale di South Jeolla. La destinazione è la piazza Gwanghwamun, "cuore pulsante" della capitale Seoul, dove Francesco ha beatificato i 134 martiri coreani e dove sorge il memoriale delle vittime del Sewol.
Il 16 aprile 2014, il traghetto con a bordo più di 300 passeggeri si è inabissato mentre era diretto all'isola di Cheju. La maggior parte delle vittime erano studenti liceali in gita scolastica. Dopo il disastro il governo ha varato una legge per accertare la causa e le responsabilità, ma il testo è stato giudicato "inadatto e troppo leggero" dai familiari delle vittime. In effetti, il decreto non contiene accuse di omicidio colposo; non parla delle responsabilità della Guardia Costiera o di funzionari del governo; concede diverse attenuanti all'equipaggio. Dopo più di 10 mesi, ancora non si conosce il motivo dell'affondamento.
Secondo i familiari, che in maggio si sono uniti in un comitato, la politica "vuole proteggere se stessa e gli industriali del settore navale": per questo hanno chiesto una nuova legge e hanno lanciato una lunga protesta di piazza, ancora in corso, nel cuore di Seoul. Le loro tende hanno occupato la piazza Gwanghwamun sin dalla fine di maggio, e durante la visita di papa Francesco in Corea i dimostranti hanno potuto incontrare il pontefice.
Durante la marcia, Francesco Lee ha intenzione di recitare di continuo il Rosario per il riposo dell'anima del figlio e dei suoi compagni. Insieme alla figlia, inoltre, i due stanno camminando con il metodo del buddismo tradizionale conosciuto come "sambo ilbae": si tratta di una pratica buddista tibetana che prevede, ogni tre passi, un inchino fino a terra. Per ricordare ancora di più la tragedia, i due portano con loro una riproduzione in cartapesta del traghetto (v. foto).
Francesco spiega: "Voglio inchinarmi 300mila volte davanti al popolo della Corea del Sud. Questo accetterà il mio inchino, e spero che ricorderà anche coloro che sono morti". Il primo progetto prevedeva cinque chilometri al giorno, ma è stato subito cambiato e portato a quattro: "L'idea era quella di arrivare in piazza per il primo anniversario della strage, ma dobbiamo evitare di strafare. Penso che ci arriveremo entro giugno".