Usa: stanziati 491 miliardi di dollari per la Difesa

La Camera dei Rappresentanti rigetta la richiesta di un piano di ritiro dall'Iraq. Con i nuovi fondi chiede di "preservare la stabilità" nello Stretto di Taiwan e vieta di vendere armi a Pechino.


Washington (AsiaNews/Agenzie) – La Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato a larga maggioranza il bilancio della Difesa che prevede lo stanziamento di 491 miliardi di dollari.

I deputati hanno inoltre rigettato un emendamento che, se approvato, avrebbe costretto l'amministrazione Bush a pubblicare una tabella con i tempi del ritiro delle truppe dall'Iraq. La votazione si è tenuta a Washington mercoledì 25 maggio e si è chiusa con 309 voti favorevoli e 39 contrari.

Il nuovo "Atto di autorizzazione nazionale della Difesa 2006" stabilisce i tetti massimi di spesa e le politiche gestionali del Pentagono e delle altre agenzie che formano la Difesa americana: esso copre materie come il pagamento delle truppe, l'acquisto di nuove armi e la difesa missilistica.

"Questo bilancio – ha detto Dennis Hastert, presidente della Camera – dimostra che siamo responsabili del denaro dei contribuenti, con il quale dobbiamo acquistare gli strumenti necessari per difendere l'America dai terroristi".

I nuovi fondi serviranno ad equipaggiare i veicoli blindati Humvee con schermi protettivi che garantiranno i militari dalle bombe provenienti dal ciglio stradale. Verranno acquistati inoltre nuovi visori notturni.

I deputati hanno aggiunto all'Atto una clausola in cui - alla luce della "scarsità di nuove reclute" -  "raccomandano" ad Esercito e Marina di aumentare il numero degli effettivi in servizio di 10 mila e mille unità ciascuno.

Il nuovo Atto contiene anche una provocazione nei confronti di Pechino: esso chiede infatti al segretario della Difesa di "instaurare un programma di scambio militare con Taiwan" per "preservare la stabilità" nello Stretto. La Camera vieta inoltre al Pentagono di assegnare contratti a compagnie straniere che vendono armi o mezzi militari pesanti a Pechino e offre "incentivi economici" a coloro che interrompono questo tipo di scambi con la Cina.