Yemen, nuovi raid dell’aviazione saudita. Ribelli Houthi: fermare tutti gli attacchi
Bombardate le milizie ribelli a Taiz, a dispetto dell’annuncio di tregua. Combattimenti anche ad Aden, Huta e Daleh. Gli Houthi chiedono la fine di tutti gli attacchi, per riprendere il dialogo politico. Intanto al Qaeda consolidare la propria presenza nel sud-est.

Sana’a (AsiaNews/Agenzie) - La coalizione araba guidata dall’Arabia Saudita contro gli sciiti Houthi ha bombardato le milizie ribelli nella città di Taiz, terzo centro per importanza dello Yemen. L'attacco è arrivato a poche ore di distanza dall’annuncio della fine dei raid aerei, confermato dal ministero saudita della Difesa ma, nella pratica, subito disatteso. Dietro gli attacchi dell’aviazione vi sarebbe la caduta della base militare di Taiz, controllata da una unità dell’esercito fedele all’ultimo  presidente Abdrabbuh Mansour Hadi. Fonti locali parlano di combattimenti anche ad Aden, Huta (capoluogo della provincia di Lahj) e nella città di Daleh.

Sul fronte opposto i ribelli sciiti Houthi hanno chiesto la fine di tutti gli attacchi della coalizione a guida saudita, quale precondizione necessaria per aprire colloqui richiesti dalle Nazioni Unite. Mohammed Abdulsalam, portavoce delle milizie ribelli, chiede “la fine dell’aggressione” e del “blocco” contro lo Yemen, quale premessa per “la ripresa del dialogo politico”. 

Il fronte degli Houthi apprezza “gli sforzi positivi” messi in campo dall’Onu e “dichiara di sostenere un dialogo su scala nazionale”. Una mano tesa dei ribelli alla diplomazia internazionale, sebbene solo la scorsa settimana il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite abbia adottato una risoluzione che approva le sanzioni contro i ribelli e chieda loro il ritiro immediato dai territori occupati. 

Ieri il governo di Riyadh aveva dichiarato la fine della campagna militare nello Yemen, in corso da più di un mese e che intende riportare al potere il presidente Hadi. Al contempo, i vertici sauditi hanno annunciato “nuove azioni” contro gli Houthi, in caso di “necessità”. L’attacco militare di ieri a Taiz non ha sorpreso analisti ed esperti di politica internazionale, che si aspettavano ulteriori operazioni a dispetto dell’annuncio della tregua. 

Sempre ieri un funzionario yemenita ha dichiarato che un drone statunitense avrebbe ucciso almeno sette combattenti di al Qaeda nell’est del Paese. Fonti locali confermano che gli esponenti della rete del terrore, fondata da Osama bin Laden, avrebbero approfittato della confusione che si è venuta a creare nello Yemen, per consolidare la propria presenza nel sud-est del Paese. 

Dal gennaio scorso la nazione è teatro di un sanguinoso conflitto interno che vede opposte la leadership sunnita, sostenuta dall’Arabia Saudita, e i ribelli sciiti Houthi, vicini all’Iran. A inizio anno i ribelli hanno assunto il controllo della capitale Sana’a e posto agli arresti domiciliari l’ultimo presidente Hadi. Nel mese di febbraio egli è però fuggito nella cittadina portuale di Aden, nel sud del Paese. A fine marzo egli ha deciso di abbandonare lo Yemen e cercare rifugio a Riyadh, in concomitanza con l’offensiva dei ribelli Houthi - sostenuti da unità dell’esercito vicine all’ex presidente Ali Abdullah Saleh - giunte alla periferia di Aden. Da qui la decisione della coalizione araba, a guida saudita, di intervenire con raid aerei. 

Secondo quanto riferiscono le Nazioni Unite, dal 19 marzo scorso il conflitto ha causato la morte di 944 persone e il ferimento di altre 3.487.