Combattere lo Stato islamico: Baghdad concede amnistia ai soldati disertori
Il premier al-Abadi ha concesso 30 giorni a quanti hanno abbandonato armi e divisa per tornare fra i ranghi dell’esercito. La fuga in massa nel giugno scorso aveva favorito l’avanzata dello Stato islamico nel Paese. Dal provvedimenti esclusi quanti hanno attentato contro lo Stato. Intanto continuano attacchi e attentati suicidi.

Baghdad (AsiaNews/Agenzie) - Il premier irakeno Haider al-Abadi intende concedere l’amnistia ai membri dell’esercito e delle forze di sicurezza che hanno abbandonato le proprie postazioni nel giugno scorso, favorendo l’avanzata dello Stato islamico. Ad annunciare il provvedimento ieri è stato lo stesso Primo Ministro, che ha concesso ai disertori 30 giorni per decidere di rientrare nelle unità di appartenenza. Le defezioni in massa del giugno scorso hanno permesso ai jihadisti di conquistare senza combattere Mosul e diverse zone a nord e ovest di Baghdad.

Nei mesi scorsi hanno fatto il giro del mondo le immagini di uniformi, armi e veicoli appartenenti all’esercito regolare e abbandonati lungo le vie di Mosul e in altri centri sotto attacco dello Stato islamico (SI). Un bottino finito nelle mani dei jihadisti, che hanno rivolto contro i soldati le loro stesse armi.

Il comunicato diffuso dal capo del governo non menziona in modo diretto lo SI, ma l’amnistia riguarda in generale quanti hanno lasciato le loro postazioni o si sono feriti di proposito per evitare di combattere. Di contro, sono esclusi dal provvedimento quanti hanno commesso reati fra cui attentati contro la sicurezza dello Stato, corruzione e abuso di potere.

A dispetto della disfatta iniziale, nelle ultime settimane l’esercito di Baghdad è riuscito a riconquistare parte dei territori finiti sotto il controllo dei miliziani, grazie anche all’aiuto di paramilitari, raid aerei statunitensi e il sostegno dell’Iran.

Dal 2 marzo scorso almeno 30mila soldati, assieme a migliaia di combattenti appartenenti a milizie sciite e sunnite, hanno preso parte a un’imponente campagna sul territorio, per riguadagnare altro terreno. Teatro delle operazioni la zona nord del governatorato di Salahudin, fra cui Tikrit e altri villaggi e cittadine dall’importanza strategica.

Tuttavia, l’offensiva dell’esercito non ha fermato violenze e attentati a Baghdad e in altre parti dell’Iraq, come confermano gli attacchi dei giorni scorsi. Lo scorso 26 aprile una serie di esplosioni si sono succedute in tutto il Paese, fra cui un attacco suicida a una postazione militare nella provincia occidentale di Anbar, uccidendo almeno 22 persone. Altre sei sono morte e 17 sono rimaste ferite nello scoppio di un’autobomba nei pressi di piazza Khilani, nel centro di Baghdad.

Il giorno precedente gruppi di miliziani appartenenti allo Stato islamico hanno attaccato la raffineria di Baiji, la più importante del Paese e già al centro di un’aspra contesa; negli scontri sono stati esplosi colpi di mortaio e mitragliatrici fissate bordo di mezzi blindati.