Bangkok (AsiaNews/Agenzie) - È di almeno 18 feriti il bilancio, ancora provvisorio, di una serie di attacchi bomba lanciati nelle ultime ore nella provincia di Yala, nel sud della Thailandia. Secondo quanto riferiscono fonti militari, dietro le violenze vi sarebbe la mano della guerriglia separatista musulmana, attiva da tempo nella regione e protagonista di una guerra sanguinaria con il governo di Bangkok.
Il colonnello Pramote Prom-in, portavoce regionale per la sicurezza, riferisce che “quattordici bombe sono esplose la scorsa notte, seguite da altre tre nelle prime ore della mattinata di oggi". Gli ordigni hanno colpito Muang Yala, capoluogo della provincia, ferendo 18 persone. Cinque di esse sono tuttora ricoverate negli ospedali della città.
Fonti dell’esercito thai spiegano che l’attacco è un messaggio lanciato dagli insorti alle autorità centrali, con l’intenzione di “provocare”. Si tratterebbe infatti di una “rappresaglia” per le recenti misure di sicurezza adottate dalla giunta militare, al potere da circa un anno in seguito a un golpe bianco che ha determinato la cacciata dell’ex premier Yingluck Shinawatra.
Il governo centrale ha introdotto di recente nuove strategie per contrastare la guerriglia separatista, fra cui il rilevamento del Dna tramite tampone per individuare e colpire i combattenti. Provvedimenti che, secondo l’esecutivo, hanno portato a una diminuzione del 50% negli attacchi da parte dei musulmani ribelli Malay. Tuttavia, avvocati e attivisti pro diritti umani affermano che il rilevamento forzato tramite tampone del Dna è fonte di ulteriore tensione e alienazione.
La maggioranza musulmana nella regione meridionale della Thailandia, nazione a grande maggioranza buddista, non si è mai sottomessa al dominio di Bangkok: essa parla un dialetto malaysiano e segue costumi e tradizioni che si rifanno alla cultura musulmana.
La guerra nel sud, concentrata nelle province di Yala, Pattani e Narathiwat, ha causato sinora almeno 6.500 vittime, la maggior parte delle quali civili.
Dei 300mila buddisti thai che vivevano nella regione, almeno 70mila sono fuggiti dal gennaio 2004, quando un raid dei ribelli ha preso di mira un deposito di munizioni dell’esercito uccidendo quattro soldati. Il commando ha inoltre sottratto più di 300 armi, con le quali ha ingaggiato negli anni successivi una dura lotta contro i militari.