Xi Jinping: Le religioni devono essere “cinesi” e senza “influenze straniere”
di Wang Zhicheng
In un incontro con il Fronte unito, il presidente cinese ribadisce la leadership del Partito comunista nella guida delle religioni e mette in guardia contro la dipendenza da forze straniere. Presi di mira i musulmani dello Xinjiang, i buddisti del Tibet, ma anche il Vaticano. Un cattolico cinese: Si snatura la religione cattolica.

Pechino (AsiaNews) – Le religioni in Cina devono essere “cinesi” e libere da ogni “influenza straniera”. Esse devono integrarsi nella “società socialista” e sotto la guida del Partito comunista devono “servire lo sviluppo della nazione”.

E’ quanto puntualizzato dal presidente Xi Jinping in un suo incontro con i rappresentanti del Fronte unito durato tre giorni e concluso ieri.

Il Fronte unito è un gruppo che raccoglie tutti i piccoli partiti non comunisti presenti in Cina, insieme a rappresentanze di associazioni dell’industria, del commercio e delle diverse etnie e religioni del Paese. Gli analisti guardano ad esso come un simbolo vuoto della “democrazia” presente in Cina, che non intacca l’egemonia del Partito unico. Il Fronte unito, infatti, non ha alcun potere ed è guidato dal Comitato centrale del Partito comunista cinese.

All’incontro tenutosi nella capitale, Xi ha sottolineato anzitutto che è fondamentale mantenere ferma la leadership del Partito comunista cinese e che ogni cooperazione dei piccoli partiti e ogni intervento politico deve essere guidato dal Partito.

Per quanto riguarda le religioni, Xi ha riconosciuto che le persone sono influenzate dalle religioni. Al Fronte unito spetta il compito di raccoglierle per “servire meglio lo sviluppo della nazione, l’armonia e l’unificazione”.

“Occorre - ha aggiunto – uno sforzo attivo per incorporare le religioni nella società socialista”.

E ha spiegato che le religioni in Cina devono essere “cinesi”, si devono “sinicizzare”. Proprio per questo, lo sviluppo delle religioni in Cina deve “essere indipendente dall’influenza straniera”.

Le dichiarazioni di Xi sembrano ripetere quanto già affermato tante volte in passato dalla leadership cinese. Lo stesso Jiang Zemin, quando negli anni ’90 era segretario generale del Partito, aveva apprezzato il contributo delle religioni alla società socialista, ma aveva messo in guardia il Partito contro “l’inquinamento ideologico” dell’occidente, in cui veniva compreso anche il cristianesimo, visto come una religione occidentale.

Uno slogan tipico del maoismo, ripetuto fino ad oggi, denuncia “il pericolo” che gruppi religiosi tentino di far cadere la Cina (o meglio, il comunismo in Cina) “sotto il manto della religione”. Perfino il Vaticano, denunciato da Mao come “il cane randagio del capitalismo”, è ancora oggi visto come una “potenza straniera” che “sotto il manto della religione” cerca di manipolare gli “affari interni della Cina”.

La psicosi complottista prende di mira anzitutto i musulmani dello Xinjiang e i buddisti tibetani che, secondo Pechino, vengono sobillati da predicatori islamici fondamentalisti e dal Dalai Lama. Ma la psicosi ricade anche sui cattolici: il mandato papale sulle nomine dei vescovi viene valutato come “un’ingerenza negli affari interni della Cina”. Da qui la sottolineatura sulla “localizzazione” e “sinicizzazione” di ogni religione.

“In questo caso – commenta un cattolico cinese – sinicizzare vuol dire cambiare la natura della nostra religione, che ha il papa come punto di riferimento dell’unità spirituale”.

Negli ultimi tempi il Vaticano e papa Francesco hanno lanciato molti segnali di distensione e amicizia verso la Cina, sperando nell'apertura di dialoghi diplomatici, suscitando grande ottimismo su una risposta positiva di Pechino e Xi Jinping. Dalle parole dal presidente cinese in questi giorni sembra che non vi siano molte aperture.