Jakarta "libera" le religioni non ufficiali: approvate anche sulle carte di identità
Finora era obbligatorio inserire nei documenti uno delle sei confessioni riconosciute dal governo. Il ministro degli Interni conferma che "ora sarà possibile dichiarare la vera fede di appartenenza". Dietro la modifica vi sono ragioni pratiche e amministrative; tuttavia, per attivisti e gruppi pro-diritti umani è un passo in avanti in materia di libertà religiosa.

Jakarta (AsiaNews/Agenzie) - Dando seguito a una modifica chiesta da tempo, in Indonesia cambiano le leggi che regolano l’appartenenza religiosa sulla carta di identità (Ktp). Finora era possibile inserire solo una delle sei fedi riconosciute in via ufficiale dal governo di Jakarta; da oggi, invece, sarà possibile scegliere anche una religione diversa. La conferma arriva dal ministro degli Interni Tjahjo Kumolo che, in un intervento televisivo, ha annunciato che dovranno essere “autorizzate” le religioni finora escluse dal documento.

Dopo anni di battaglie condotte da attivisti, gruppi pro diritti umani ed esponenti delle minoranze, il governo cambia dunque una norma che è stata a lungo fonte di controversie, abusi ed emarginazione. Del resto in passato era stato lo stesso ministro a proporre (invano) la rimozione della voce dal documento. 

Finora erano previste sei confessioni ufficiali: islam, cristiani protestanti, cattolici, indù, taoisti e buddisti. Una classificazione voluta dall'allora dittatore Suharto (1967-1998), che per combattere il movimento comunista - e ateo - ha stabilito per legge il riconoscimento dell'appartenenza religiosa. 

Intervistato dalla tv di Stato, il ministro Tjahio ha sottolineato che “quanti non sono compresi nelle sei religioni [ufficiali] vanno comunque registrati e abbiamo dato istruzione a tutti i capi distretto” perché siano approntate le opportune modifiche in tempi brevi. 

Fra le ragioni che hanno spinto al cambiamento, la possibilità per le autorità in caso di decesso di garantire la sepoltura adeguata al tipo di fede religiosa professata. Una forma di rispetto per il defenuto, aggiunge il politico, che finora non era stata garantita.

Egli ha inoltre lanciano un ammonimento agli amministratori locali, affinché non costringano i cittadini a inserire nella Ktp una fede diversa rispetto a quella professata. “Non costringete le persone a scrivere islam - ha detto - anche se la loro fede assomiglia in qualche modo alla religione musulmana; o cattolica, se ne ricorda gli insegnamenti”. 

Analisti ed esperti di politica locale sottolineano che, pur trattandosi di un provvedimento amministrativo, preso per questioni pratiche, rappresenta comunque un deciso passo in avanti in materia di libertà religiosa nel Paese musulmano più popoloso al mondo.