L’eredità di Tiananmen: dopo 26 anni, partecipanti ancora in carcere per i diritti umani
Una lista di circa 30 nomi di attivisti, scrittori, giornalisti – alcuni famosi come Liu Xiaobo, altri sconosciuti operai – che continuano ancora oggi l’impegno sgorgato in piazza Tiananmen. Per questo il governo cinese cerca di sopprimerli con il carcere, la tortura, il licenziamento, l’internamento in ospedale psichiatrico. La ferita e l’ideale di Tiananmen sono ancora vivi.

Pechino (AsiaNews) – Ventisei anni fa, nella notte fra il 3 e il 4 giugno 1989, l’esercito cinese “della liberazione” ha messo fine al movimento di circa un milione fra studenti e operai che da oltre un mese occupava la piazza Tiananmen per domandare più democrazia e meno corruzione ai membri del Partito comunista cinese. Secondo le stime più attendibili, fra 200 e 2mila persone sono state uccise dai colpi di fucile o stritolati dai carri armati dell’esercito; decine di migliaia arrestati nei giorni seguenti e condannati come “controrivoluzionari” perché attentavano all’egemonia del Partito. Le autorità hanno di continuo cercato di far passare il massacro come “un male minore”, necessario per garantire alla Cina lo sviluppo economico scoppiato negli anni seguenti. Ma la ferita è tuttora aperta. Anzitutto perché le domande dei giovani di Tiananmen sono ancora vive e la lotta alla corruzione di Xi Jinping ne mostra tutta l’attualità. In secondo luogo perché non passa anno senza che i parenti delle vittime del massacro chiedano una revisione della decisione violenta e sanguinaria. In particolare, le “Madri di Tiananmen” domandano che vengano rivelati i responsabili della decisione e si faccia un processo, con cui cancellare l’accusa di “controrivoluzionario” del movimento, definendolo invece “patriottico”, riconoscendo che i giovani si sono sacrificati per il bene della Cina. Governo e Partito però resistono: arrestano i parenti prima dell’anniversario, li mandano lontano da Pechino, tagliano i canali di comunicazione. Nonostante ciò, anche quest’anno, le Madri di Tiananmen hanno inviato un messaggio-appello, in cui domandano ancora una volta una revisione storica degli avvenimenti e una condanna esemplare per i  responsabili dei “crimini storici”. Quest’anno esse si sono appellate alle stesse parole del premier Li Keqiang che domanda al Giappone di assumersi “le responsabilità storiche” per quanto avvenuto durante l’occupazione nipponica della Cina.

“Con la stessa logica – dice l’appello – non dovrebbero i leader cinesi di oggi assumersi la responsabilità per una serie di crimini, carestie prodotte dalla mano dell’uomo, assassinii perpetrati nella loro stessa nazione dai leader del tempo, ossia Mao Zedong e Deng Xiaoping?”.

Per questo esso chiede che la Cina commemori le morti della carestia del 1958-1961, prodotta dalle errate politiche economiche di Mao, che ha causato la morte di almeno 35 milioni di persone; le esecuzioni avvenute durante la Rivoluzione culturale nel decennio 1966-1976; i morti di Tiananmen. I leader, si afferma, “non possono imporre una forzata amnesia”.

Che Tiananmen sia ancora un nervo scoperto nel passato e nel presente della Cina è evidente anche da un altro fatto: molti dei partecipanti di allora, ormai divenuti attivisti nella società civile, giacciono ancora in prigione, o vengono incarcerati e silenziati perché la loro testimonianza venga resa vana. Ma inutilmente.

L’organizzazione Chrd (China Human Rights Defenders) ha stilato oggi una lista di decine di nomi di persone che avendo partecipato al movimento di Tiananmen, 26 anni fa, rimangono in prigione per il loro impegno a favore dei diritti umani e della democrazia. Molti di loro continuano la loro lotta non violenta iniziata nell’89; molti altri, educati dall’esperienza di Tiananmen, sono divenuti attivisti nei vari campi della società civile. Riproduciamo qui sotto tale lista, con traduzione a cura di AsiaNews (B.C.).

 

A 26 anni dalla sanguinosa soppressione delle manifestazioni pro-democrazia del 1989, ad opera del governo cinese, decine di individui che hanno preso parte al movimento sono oggi detenuti o in prigione per il loro continuo sforzo per proteggere i diritti umani e le riforme democratiche. Diversi attivisti e avvocati, arrestati l’anno scorso per aver commemorato il massacro di Tiananmen, sono ancora detenuti e sono stati soggetti a torture o a carcere prolungato prima del processo. Dalla settimana scorsa, ancora più attivisti, compresi diversi partecipanti dell’89, sono stati detenuti, messi agli arresti domiciliari, o visitati dalla polizia che li ha messi in guardia dal compiere attività che ricordino il 26mo anniversario di Tiananmen. La soppressione di tutti questi individui è un’indicazione della paura del governo verso un movimento democratico di massa che sta emergendo in Cina.

Fra i partecipanti dell’89, ora dietro le sbarre, vi sono alcuni fra i più importanti e influenti membri della società civile della Cina, che hanno promosso in modo attivo i diritti umani, la democrazia e le riforme per uno stato di diritto fin dal 1989. Essi hanno giocato un ruolo come leader o hanno partecipato nelle proteste  dell’89 come giovani studenti, professori, giornalisti, scrittori o operai. Alcuni di loro hanno già subito la prigionia per il loro ruolo nel movimento e tutti, dopo essere stati liberati, hanno ripreso le loro attività pro-democrazia e diritti umani. Essi hanno continuato nonostante i controlli della polizia, le violenze, le restrizioni dei loro movimenti e delle comunicazioni.

I casi di cui sotto, come altri documentati da Chrd, mostrano che il governo cinese manifesta la tendenza a perseguire con durezza coloro che erano convolti nel movimento dell’89. Facendo il paragone con le misure prese contro altri attivisti, le punizioni per i partecipanti del 4 giugno tendono ad essere più aspre; molti leader attivisti dell’89 sono stati condannati a lunghe e ripetute condanne e prigionie.

I casi elencati sotto, per nulla esaustivi, ricordano i partecipanti dell’89 che sono al presente in prigione o detenuti per il loro impegno dopo l’89, nel promuovere i diritti umani e la democrazia.

 

Partecipanti al movimento dell’89, ora in prigione (in ordine cronologico, secondo la data del loro arresto)

 

 

Partecipanti al movimento dell’89, in prigione

 

 

Di tutte le persone arrestate in occasione del 25mo anniversario del massacro di Tiananmen lo scorso anno, 13 rimangono ancora in prigione. Cinque hanno subito un processo, compresi Gao Yu, Sheng Guan, Huang Fangmei, gli attivisti Jia Lingmin e Liu Diwei. Altri cinque sono stati radiati dall’albo [degli avvocati], compresi Yu Shiwen, Pu Zhiqiang, Tang Jingling, e i suoi associati Wang Qingying e Yuan Xinting. Altri due sono stati arrestati in modo formale: il giornalista freelance Jiang Lijun e l’attivista del movimento dei Nuovi cittadini Zhang Kun. Jiang è ora in una prigione del Liaoning; le autorità hanno spostato Zhang in un ospedale psichiatrico del Jiangsu. Nel marzo scorso i suoi legali sono stati bloccati e non hanno potuto visitarlo.

 

Quest’anno, il Comitato Onu contro la tortura rivede l’adesione della Cina alla Convenzione contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti. La Cina ha ratificato tale Convenzione nel 1988, un anno prima del massacro di Tiananmen.

Diverse volte il Comitato Onu ha sollevato la questione delle responsabilità del governo cinese nell’uso eccessivo della forza, tortura, e altri trattamenti violenti contro i propri cittadini nell’89. Per quella Convenzione, è imperativo per il governo cinese che termini la sua politica di negazione e di menzogna sulla soppressione violenta delle manifestazioni pro-democrazia. Il governo ha l’obbligo – per gli articoli 12, 13 e 14 della Convenzione – di investigare con prontezza e in modo imparziale sulle accuse di torture, offrendo anche un risarcimento alle vittime di torture.

 

Nel 26mo anniversario di Tiananmen, Chrd riafferma la sua richiesta al governo cinese di:

  1. liberare tutti coloro che sono ancora in prigione per aver partecipato alle proteste del 1989, compreso Miao Deshun, l’unica persone di cui si ha conferma essere ancora in prigione per le accuse del 4 giugno (la sua presente situazione è sconosciuta e non confermata dal governo);
  2. liberare individui che sono stati imprigionati per aver organizzato attività o aver espresso opinioni per far memoria del 4 giugno nel 2014, nei giorni attorno al 25mo anniversario;
  3. liberare tutti i partecipanti al movimento dell’89 che sono detenuti o imprigionati per il loro attivismo, come pure tutti gli altri prigionieri di coscienza in Cina.

 

Le autorità cinesi devono far finire la continua oppressione contro le famiglie, i sopravvissuti, i sostenitori che domandano [chiarezza di] responsabilità per gli abusi contro i diritti umani commessi nel 1989. In più, il governo deve interrompere la persecuzione mirata contro i membri della società civile che hanno partecipato al movimento del 1989.