Sri Lanka, continua la sofferenza dei tamil: in 30mila ancora senza casa
di Melani Manel Perera
Il rapporto condotto a fine agosto dal National Fisheries Solidarity Movement. Oltre agli sfollati interni, anche profughi all’estero. Il 55% di coloro che vivono nei campi non hanno elettricità, il 70% non ha accesso all’acqua potabile, mancano adeguate strutture sanitarie e l’uso dei bagni è proibito durante le ore notturne. Presidente Nafso: “Ridare ai tamil una vita decorosa”.

Colombo (AsiaNews) - Esistono 38 campi profughi in 27 divisioni di villaggio (Grama Seva divisions); di questi campi, 35 esistono fin dal 1990; altri cinque nuovi villaggi temporanei scoperti ad agosto; 1536 famiglie vivono da sfollate nei rifugi, per un totale di 5836 persone; in tutto circa 30mila civili risiedono nella penisola di Jaffna [nord del Paese - ndr] come Internally Displaced Peoples (IDPs, sfollati interni). Sono i numeri citati il 7 settembre nella capitale dello Sri Lanka durante una tavola rotonda in cui è stato presentato un rapporto condotto a fine agosto dal National Fisheries Solidarity Movement (Nafso). Obiettivo del meeting era fare un bilancio delle condizioni attuali in cui vive la popolazione di etnia tamil, devastata da oltre 30 anni di sanguinosa guerra civile tra esercito e ribelli delle Tigri.

Dal 1983 al 2009 l’isola è stata teatro di una brutale guerra civile tra governo e Tigri Tamil (Liberation Tigers of Tamil Eelam, Ltte), un’organizzazione in lotta per creare uno Stato indipendente nelle province nord ed est del Paese, a maggioranza tamil. Il conflitto etnico si è risolto con la sconfitta dei ribelli e uno scollamento interno alla popolazione, con la contrapposizione di un nord-est tamil povero e con oltre 200mila profughi, a un sud singalese ricco e prospero. Le violenze subite dalla popolazione sono vive nel ricordo ancora oggi e quest’anno, per la prima volta, il neo-eletto presidente Maithripala Sirisena ha permesso ai parenti delle vittime di ricordare i propri cari defunti.

Anche se di recente Sirisena ha riconsegnato lotti di terra a 300 famiglie sfollate, le condizioni di vita di moltissime persone rimangono precarie. Lavina Hasanthi, coordinatrice del Nafso, riporta ad AsiaNews che i numeri ufficiali della tragedia non sono definitivi, dal momento che molti profughi interni non sono neanche registrati all’interno di campi profughi e alcuni di questi preferiscono vivere in tende di fortuna vicino al luogo dove si trovava in origine la propria casa.

Lo studio dell’associazione è stato consegnato a tre funzionari di governo presenti all’iniziativa: A. Abeywickram, segretario coordinatore del vice-ministro della provincia orientale del Paese, il dott. Muralitharan, segretario aggiunto del distretto di Jaffna, e la dott.ssa Bahnu, segretario del Ministero per il dialogo nazionale. Nel documento (35 pagine in inglese dal titolo “Lasciate che essi tornino ai luoghi di origine, con dignità”) si legge anche che migliaia di tamil vivono come rifugiati all’estero, soprattutto nello Stato indiano del Tamil Nadu, e alcuni hanno richiesto asilo nei Paesi occidentali.

Herman Kumara, invitato speciale del World Forum for Fisher People (Wffp) e presidente del Nafso, riferisce ad AsiaNews che il 55% di coloro che vivono nei campi non hanno elettricità, il 70% non ha accesso all’acqua potabile, mancano adeguate strutture sanitarie e l’uso dei bagni è proibito durante le ore notturne. “Noi tutti - dice - in quanto attivisti in difesa dei diritti umani, non ci aspettiamo altro che una vita dignitosa per tutti i cittadini di questo Paese. Noi ci aspettiamo che gli IDPs tornino a condurre una vita normale, a rivivere nei loro luoghi, ripristinare la loro cultura e contribuire all’economia della nazione. Ma soprattutto, vogliamo che abbandonino questa condizione subumana e vivano un’esistenza decorosa”.