Trattato di libero scambio nel Pacifico: luci e ombre per l’economia vietnamita
Dagli effetti sulla crescita all’associazione sindacale, passando per settori chiave dell’economia locale sono molti i punti critici. Il Ttp dovrebbe favorire la nascita di sigle sindacali autonome, ma nel Paese restano scarse le conoscenze in tema di diritti dei lavoratori. Si profilano pesanti perdite nell’allevamento del bestiame.

Hanoi (AsiaNews) - Sottoscritto da pochi giorni, il Trattato di libero scambio nel Pacifico (Tpp,Trans-Pacific Partnership) è già oggetto di analisi e polemiche nei Paesi interessati, per gli effetti sulle economie nazionali e, ancor più, sulla condizione dei lavoratori. Esso coinvolge un totale di 12 Stati dell’area, che uniti coprono il 40% circa dell’economia mondiale. Se, da un lato, il Ttp è destinato a rafforzare la crescita del Vietnam - con il parere favorevole espresso da molte compagnie nazionali - dall’altro emergono incertezze sulla formazione di sindacati indipendenti e sul futuro degli allevamenti animali e la commercializzazione del bestiame.

L’accordo sul Tpp prevede l’eliminazione delle barriere tariffarie e non-tariffarie e l’adeguamento degli standard commerciali in una vasta area dell’Asia-Pacifico. Fra i Paesi firmatari vi sono Stati Uniti, Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malaysia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam.

I partner si impegnano a cooperare anche sul fronte delle valute, una risposta alla svalutazione dello yuan ordinata da Pechino. Tuttavia, il trattato è contestato da diversi movimenti no-global che lo definiscono “l’omicidio dell’occupazione dei Paesi membri”. Il timore è che, con l’abolizione delle barriere, si fomenti l’assunzione di operai sotto-pagati provenienti dalle nazioni meno sviluppate dell’area. 

Per i fautori, fra i quali in prima linea vi è il presidente statunitense Barack Obama, il Ttp rafforzerà i diritti e le tutele dei lavoratori in Vietnam, così come negli altri Paesi, garantendo il diritto alla libera associazione sindacale. Il realtà le autorità comuniste di Hanoi hanno già formato i sindacati “ufficiali” di Stato e imprigionato quanti, in passato, hanno tentato di creare organismi indipendenti.

Interpellato da Radio Free Asia (Rfa) un operaio vietnamita, dietro anonimato, sottolinea la necessità di “associazioni sindacali indipendenti, perché così i lavoratori … possono conoscere i loro diritti e capire meglio la legge”. Tuttavia, la grande maggioranza dei cittadini conoscono poco o nulla del Ttp e degli effetti sul mercato del lavoro. Ad oggi operai, dipendenti, impiegati devono versare una piccola parte del loro stipendio per finanziare l’attività del sindacato statale vietnamita, anche se in molti “dubitano della reale protezione fornita dall’associazione dei diritti dei lavoratori”.

Al momento non è ancora possibile valutare l’impatto del Ttp in tema di sindacato e tutela del lavoro, in un contesto in cui è ancora scarso il livello di conoscenza in materia. Le Thi Cong, avvocato e attivista nel mondo del lavoro, non è sorpreso dal fatto che i vietnamiti non sappiano di poter formare organizzazioni sindacali indipendenti. “Sanno poco di diritti umani - afferma - e di diritti del lavoro. Al momento conoscono solo il sindacato statale”. E anche l’ingresso negli anni passati nell’Ilo e nel Wto (Organizzazione internazionale del lavoro e Organizzazione mondiale del commercio) non ha portato reali benefici, al netto della retorica e dei rapporti falsati. La speranza è che l’ingresso nel ttp porti davvero “maggiori conoscenze in tema di diritti” e il governo non potrà più “nascondere la verità su come tratta i lavoratori”.

Gli effetti del ttp non si limitano al tema dei diritti sul lavoro, ma riguardano anche le ripercussioni sui commerci, l’industria e l’economia del Paese. Fra queste l’allevamento del bestiame che, secondo il ministro Vu Huy Hoang, crea un volume di affari annuale di 10 miliardi di dollari; il nuovo accordo potrebbe creare gravi problemi, perché gli allevatori locali non saranno in grado di competere con la grande produzione che finirebbe per invadere il mercato interno. Nel settore sono impiegate 17 milioni di famiglie, sebbene solo 23mila usino metodi all’avanguardia; molte sono imprese di piccola scala, non generano grandi profitti. Pham Duc Binh, vice presidente dell’Associazione vietnamita per la produzione mangimi, lancia l’allarme per la crescita di importazioni di cibo per animali da Stati Uniti e Sud America: “Tutto questo avrebbe dei costi altissimi […] e non abbiamo il potenziale per competere” e sono possibili “pesanti perdite” per il settore.