Pechino fa arrestare dal Myanmar il figlio 16enne di un’attivista
Con la complicità del governo birmano, le autorità cinesi mettono le mani sul giovane Bao Zhuoxuan mentre cercava di fuggire dal Paese. La sua “colpa” è quella di essere figlio di Wang Yu, una delle avvocatesse più famose della Cina per il suo impegno a favore dei diritti umani. Continua la persecuzione contro gli avvocati, che non piegano la testa e chiedono giustizia con una lettera aperta.

Pechino (AsiaNews) – Il governo cinese, con la complicità di quello birmano, è riuscito ad arrestare il figlio 16enne di un avvocato “scomparso” dallo scorso 9 luglio dopo un colloquio con le autorità. Gli agenti della polizia del Myanmar hanno fermato Bao Zhuoxuan – anche noto come Mengmeng – e due uomini che cercavano di aiutarlo a fuggire negli Stati Uniti. L’arresto è avvenuto a Mong La, cittadina del confine birmano, ed è stato confermato dall’attivista Fengsuo Zhou.

Zhou, che vive a San Francisco, spiega: “Il piano era quello di portare il ragazzo in Thailandia, dove lo avrei incontrato per chiedere poi rifugio agli Usa. Insieme a lui sono stati arrestati Tang Zhishun, ingegnere di Pechino, e l’attivista Xin Qingsian di Chengdu. Siamo molto preoccupati. Sappiamo che il governo vuole usare questo ragazzo come ostaggio contro i suoi genitori, entrambi famosi attivisti per i diritti umani”.

Bao è figlio di Wang Yu, avvocato donna “scomparsa” nel corso dei raid lanciati da Pechino contro i legali che aiutano la popolazione, le minoranze religiose e coloro che vengono coinvolti in processi politici. Circa 300 esponenti della professione sono stati “fermati per interrogatorio” dalla polizia di varie città, e molti di loro sono ancora in carcere. Nel raid è stato bloccato anche l’avvocato cristiano Zhang Kai, che insieme ad un gruppo di colleghi era impegnato a fermare con il diritto la campagna di demolizioni delle croci in corso nella provincia meridionale del Zhejiang. La Wang è fra quelli ancora nelle mani delle autorità.

In un primo momento, il marito e il figlio avevano cercato di lasciare il Paese su un normale volo dall’aeroporto internazionale di Pechino. Qui sono stati però arrestati dalle autorità: Bao è stato rilasciato dopo due giorni, ma con la revoca del passaporto; il padre è in galera. “La Wang – dice ancora Zhou – è molto coraggiosa e parla fuori dai denti. È una delle migliori nella difesa dei diritti umani in Cina, ed è stata arrestata proprio per questo”.

Nonostante la grande pressione esercitata dal governo sugli avvocati, questi non sembrano voler tacere. A sostegno del giovane Bao sono scesi in campo 68 esperti di diritto, che hanno scritto e firmato una lettera aperta all’esecutivo chiedendo che garantisca la protezione del giovane e assicuri alla giustizia coloro che “infrangendo la legge” lo hanno arrestato.

Inoltre, scrivono ancora, “la polizia deve interrompere subito le molestie contro Bao e la sua famiglia, così come quelle operate contro le famiglie di tutti gli altri avvocati coinvolti nei raid. Deve anche smetterla di impedire agli attivisti e agli avvocati di lasciare il Paese, garantendo il loro diritto di cittadini cinesi di entrare e uscire dalla nazione”. Infine, chiedono alla comunità internazionale di “esprimere forte preoccupazione” per quanto sta avvenendo in Cina.