Vescovi filippini: a due anni da Yolanda, fede, speranza e carità per i senzatetto
La Conferenza episcopale ha organizzato una commemorazione del disastro del 2013 insieme alle Caritas di tutto il mondo. Vescovo ausiliario di Cebu: “La gente continua ad avere speranza perché non è stata abbandonata”. A due anni dalla tempesta, un milione di persone non ha una casa permanente. Il governo promette la risoluzione dell’emergenza entro il 2017.

Cebu City (AsiaNews/Agenzie) – “La gente che non ha perso il senso dell’umorismo non ha perso la speranza. Essere capaci di ridere per la propria situazione è un segno sicuro di speranza. La gente continua ad avere speranza per la propria situazione disperata perché per una volta non è stata abbandonata”. Lo ha detto mons. Dennis Villarojo, vescovo ausiliario di Cebu, durante il Summit delle comunità che operano per la riduzione del rischio di disastri naturali (Cmdrr), organizzato dalla Conferenza episcopale filippina e dal Segretariato nazionale per l’azione sociale, per commemorare i due anni dal passaggio del tifone Yolanda, che l’8 novembre 2013 fece più di 7mila vittime e dispersi e colpì 14 milioni di persone. A due anni dal disastro, un milione di persone non ha un posto dove vivere.

Il summit, dal titolo “Fede, Speranza e Carità”, ha visto la partecipazione di Caritas da ogni parte del mondo, compresa l’Italia. Mons. Villarojo ha ricordato i gesti di fraterna solidarietà compiuti dalla popolazione filippina nei giorni seguenti al passaggio del tifone, quando “i giovani prendevano le loro cose, raccoglievano le loro provviste dalle cucine e le mettevano nei sacchi, li caricavano sui veicoli e partivano per il nord” per consegnarli alla popolazione in difficoltà.

Ma, ha ricordato il presule, “non sempre i disastri portano in superficie il meglio delle persone. A volte portano il peggio… a volte la gente inizia a saccheggiare i negozi e le case. I disastri portano fuori il meglio delle persone quando c’è già qualcosa di buono all’inizio: fede, speranza e carità”.

Yolanda è il tifone più forte finora registrato sul pianeta, che ha distrutto il 90% della città costiera di Tacloban. Lì, i negozi e i ristoranti hanno ripreso a funzionare e la comunità si è riattivata. Ma alle periferie della città e in molte altre zone, centinaia di migliaia di persone vivono in condizioni di povertà assoluta, in aree che sono sulla rotta annuale delle tempeste del Pacifico. Moltissime persone vivono in rifugi di fango e mattoni, costruiti sulle rovine delle case spazzate via dai venti che toccarono i 300 km/h.

Il presidente filippino Benigno Aquino ha stanziato un fondo di 150 miliardi di pesos (circa 3 miliardi di euro) per i programmi di recupero delle zone disastrate, di cui il 60% è già stato speso per strade, ponti e scuole. Il problema più urgente rimane la ricollocazione dei senzatetto in nuove case. Delle 205.128 famiglie colpite, solo 928 sono state trasferite in abitazioni permanenti. Il governo ha promessi che ricollocherà altre 100mila famiglie entro il prossimo anno e che il progetto sarà completato nel 2017.

Lo scorso agosto, la Conferenza episcopale filippina ha criticato il governo per l’uso dei fondi. Secondo la Chiesa, parte dei fondi è stata usata per la campagna elettorale del 2016 invece che per le opere di ricostruzione. La Chiesa filippina ha già stanziato circa 9,7 milioni di euro in progetti di recupero.

Papa Francesco ha visitato i sopravvissuti al tifone Yolanda lo scorso 17 gennaio.