Pechino: colpiremo i politici tibetani seguaci del Dalai Lama
Il governatore della Regione autonoma ha annunciato un inasprimento delle misure anti-corruzione, volute da Xi Jinping: “Perseguiremo chiunque mandi i figli in scuole gestite da seguaci del Dalai Lama, chiunque lo veneri”. Dall’inizio della campagna nel 2012, solo 15 funzionari tibetani sono stati condannati.

Dharamshala (AsiaNews) – La campagna anticorruzione cinese colpirà anche i funzionari governativi della Regione autonoma del Tibet (Tar) che sono ancora fedeli al Dalai Lama, leader buddista in esilio. Lo hanno annunciato le autorità di Pechino tramite Chen Quanguo, segretario del Partito e governatore della Tar, secondo cui verranno condannati “i funzionari che hanno una visione scorretta (dei problemi) delle minoranze e dicono di non seguire alcuna religione, mentre in segreto sono dei fedeli.

Pechino reputa il Dalai Lama “un lupo travestito da monaco” e, spiega Chen, “il partito perseguirà i funzionari che seguono il Dalai Lama, che ascoltano i suoi sermoni, che vanno in pellegrinaggio per venerarlo, che mandano i propri figli in scuole gestite da seguaci del Dalai Lama”. Già nel 2013, Chen aveva promesso di “educare i militari e la gente comune dei vari gruppi etnici a separare il buddismo tibetano dal 14mo Dalai Lama, e di separare Tenzin Gyatso dal titolo di Dalai Lama”.

Finora, la campagna anticorruzione voluta dal presidente cinese Xi Jinping non ha avuto grossi strascichi nella Regione autonoma tibetana: a partire dal 2012 solo 15 funzionari minori sono stati indagati e puniti per reati di peculato o corruzione. Questo ha fatto sorgere il sospetto che i membri del Partito nella Tar stessero interpretando male la politica di Xi Jinping, utilizzando la “minaccia separatista” tibetana come scudo contro le vere indagini anti-corruzione.

Nel 2011, il Libro bianco presentato nel 60mo anniversario dell’invasione cinese del Tibet, definiva la conquista di Pechino come l’abbandono di “un Tibet antico e arretrato” e una nuova strada verso una “Età d’oro”. Da anni, le autorità cinesi cercano di cancellare l’identità culturale tibetana, arrestando scrittori, intellettuali e artisti. A partire dalle violente proteste del 2008, 143 tibetani si sono auto-immolati in opposizione al pugno di ferro di Pechino e alle violazioni dei diritti umani.