Obbligatoria l’etichetta sui prodotti israeliani dalle colonie nei Territori occupati. Netanyahu: E’ nazismo
di Joshua Lapide
D’ora in poi le etichette di frutta, olio, cosmetici dal Mar Morto, prodotti industriali dovranno specificare se sono “Made in Israel” o nei Territori occupati della West Bank, del Golan, di Gerusalemme est. Israele teme un boicottaggio. Per l’Olp la decisione Ue è buona, ma insufficiente. Anche se ci fosse un boicottaggio, esso varrebbe circa 50 milioni di dollari Usa, una goccia nel commercio fra Ue e Israele.

Gerusalemme (AsiaNews) – La Commissione europea ha emesso nuove linee guida perché i prodotti israeliani abbiano l’indicazione della provenienza distinguendo fra quelli prodotti nelle colonie nei Territori palestinesi occupati e nel Golan e quelli prodotti in Israele.

Il premier Benjamin Netanyahu ha bollato la decisione come una “memoria buia” dei tempi del nazismo, quando nel 1933 la Germania decise un boicottaggio dei prodotti ebraici.

Almeno 500mila israeliani vivono e lavorano in insediamenti nei Territori occupati da Israele nel 1967. Essi comprendono la Striscia di Gaza, la West Bank, le alture del Golan e Gerusalemme est. Secondo la legge internazionale essi sono illegali, ma Israele tende a non parlare di questa situazione. I dialoghi fra Israele e Palestina sono arenati da anni a causa della continua crescita di tali insediamenti.

D’ora in poi le produzioni agricole, cosmetiche, industriali di queste zone devono avere nell’etichetta la denominazione d’origine. Il ministero israeliano degli esteri parla di “boicottaggio”. In ogni caso è dal 2004 che i prodotti degli insediamenti non godono delle stesse facilitazioni date ai prodotti israeliani. L’etichettatura specifica sugli insediamenti è già richiesta da Gran Bretagna, Danimarca e Belgio.

Israele teme che la denominazione di origine porti al boicottaggio dei prodotti delle colonie, come frutta (uva e datteri), vino, pollame, miele, olio d’oliva e cosmetici dal Mar Morto.

Per fare pressioni contro l’occupazione, Israele è da tempo oggetto di una campagna di boicottaggio globale denominata BDS (Boycott, Divestment and Sanctions: boicotta, disinvesti, sanziona), ma essa non ha avuto quasi alcuna influenza. Negli ultimi 9 anni, le esportazioni israeliane sono cresciute da 7,8  a 15,5 miliardi.

L’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), ha definito “positiva” , ma non sufficiente la decisione della Ue. Secondo l’Olp si dovrebbe passare dalla etichettatura al boicottaggio.

Il ministero israeliano dell’economia stima che l’impatto di un possibile boicottaggio si aggiri attorno ai 50milioni di dollari Usa all’anno, circa un quinto di tutta la produzione annuale degli insediamenti: una goccia nell’oceano degli scambi fra Israele e l’Unione europea, valutata attorno ai 30 miliardi di beni e servizi.