Peshawar (AsiaNews) - Ad un anno esatto dalla strage, la Chiesa cattolica pakistana si unisce al cordoglio del Paese nel ricordare le vittime dell’attacco alla scuola militare di Peshawar, e in particolare i bambini caduti sotto i colpi del commando terrorista. In mattinata i fedeli hanno partecipato a una speciale cerimonia di preghiera che si è tenuta nelle chiese di Peshawar e Lahore. In tutto il Pakistan si è inoltre tenuto un minuto di silenzio, con interruzione totale del traffico automobilistico, per omaggiare la memoria delle vittime e manifestare un gesto concreto di solidarietà verso le loro famiglie.
Interpellato da AsiaNews mons. Rufin Anthony, vescovo di Islamabad/Rawalpindi sottolinea che pur a distanza di un anno “le emozioni e il dolore non si possono esprimere a parole”. Il prelato invita a pregare per la pace, in particolare in questo periodo di Natale che “è un messaggio di pace per tutta l’umanità”. “Ricordiamo il sacrificio di quanti hanno perso la vita - aggiunge il prelato - in questo atto terribile di terrorismo” e “plaudiamo al coraggio dei genitori e delle famiglie” dei bambini uccisi che “continuano a soffrire”.
Per combattere l’ideologia terrorista, avverte il vescovo, sono oggi più che mai importanti “l’istruzione dei giovani” e la possibilità di “dar loro un futuro”, perché “non succeda più di vedere bambini andare a scuola e uscirne in ambulanza”. Per questo il 20 dicembre si terrà una speciale giornata di preghiera per la pace “e chiediamo a tutti di unirsi in solidarietà”.
P. Anthony William, sacerdote a Peshawar, aggiunge che a distanza di un anno “è ancora oggi essenziale fornire aiuto e assistenza psicologica agli studenti” sopravvissuti, ma vittime del trauma e che “necessitano di riabilitazione”. “Mentre ci prepariamo al Natale - afferma - preghiamo per la pace nel Paese”.
Il 16 dicembre 2014 un commando composto da nove persone e affiliato al Tehreek-e-Taliban Pakistan (Ttp) ha assaltato una scuola militare di Peshawar uccidendo 148 persone, di cui 132 bambini tra i 7 e i 14 anni. I talebani hanno affermato che l'attacco era una vendetta all'offensiva dell'esercito pakistano nelle regioni del nord-ovest, lungo il confine con l'Afghanistan, storiche roccaforti degli islamisti, che ha causato la morte di oltre 1.200 miliziani.
La strage è stata condannata con forza da tutta la società, dai vertici della Chiesa cattolica pakistana - con duri interventi del vescovo di Islamabad e dell'arcivescovo di Karachi - oltre che dalla comunità internazionale. Ancora oggi l’attacco richiama alla memoria una ferita profonda e in molti, soprattutto fra i familiari, più che giustizia cercano vendetta. Un gruppo di sopravvissuti alla strage si dice “felice” delle esecuzioni capitali comminate (ed eseguite) ai componenti del commando. Difatti all’attacco talebano alla scuola militare di Peshawar è legata la decisione del governo di cancellare la moratoria sulla pena di morte, in particolare per i reati legati al terrorismo. Dall’inchiesta è emerso che il commando autore della strage alla scuola militare aveva l’ordine di sparare e causare il maggior numero di vittime.
Intanto la provincia di Khyber Pukhtunkhawa ha proclamato una giornata di fermo totale delle attività, per ricordare la strage; in solidarietà, la Chiesa cattolica ha deciso di chiudere per questa giornata tutte le scuole. L’allerta è ai massimi livelli, nel timore (concreto) di nuovi attacchi in questa giornata di memoria e di lutto nazionale. Nella scuola teatro dell’attacco si è svolta in mattinata una cerimonia di suffragio, cui hanno partecipato fra gli altri il premier pakistano Nawaz Sharif e il comandante dell’esercito gen. Raheel Sharif.