Pechino (AsiaNews) – Due funzionari comunisti di alto livello, incaricati per decenni di gestire la vita delle religioni in Cina, sono stati accusati di corruzione da un membro dell’Accademia cinese delle Scienze sociali. I due sono Ye Xiaowen, per anni al vertice dell’Amministrazione statale per gli Affari religiosi (Sara), e Zhu Weiqun, a capo dell'Ufficio Tibet del Dipartimento del Fronte unito sotto la presidenza Hu Jintao.
Jiangbian Jiacuo, noto docente tibetano dell’Accademia, ha lanciato una serie di domande ai due su Weibo, diffusissimo social network cinese: “Direttore Ye, quanti soldi hai dragato per farli finire nelle tue tasche?”. I commenti sono stati rimossi il 18 dicembre scorso, ma secondo l’agenzia Ucan essi restano sui siti dell’Istituto Pu Shi per le Scienze sociali di Pechino e su Invisible Tibet, gestito dall’attivista Tsering Woer.
Nel mirino la “compravendita” del titolo di tulku, ovvero “Buddha vivente”, che il Partito comunista ha avocato a sé rompendo la tradizione millenaria del buddismo locale. Secondo alcune fonti, questo “onore” si può comprare in Cina dal governo per 200mila yuan (circa 30mila dollari americani). Si tratta di un affare, perché moltissimi fedeli buddisti – nel Paese ve ne sono circa 200 milioni – sono pronti a donare anche grandi cifre per essere benedetti dai tulku.
Il governo ha riconosciuto circa 1.700 “Buddha viventi”, che hanno i documenti necessari dei vari monasteri sparsi per il Paese e soprattutto per il Tibet. Ma in Cina ne circolano almeno 10mila: secondo Jiangbian, questi numeri sono sballati grazie alla protezione dei funzionari del Fronte unito guidato da Zhu, che semplicemente “hanno chiuso un occhio” in cambio di denaro per permettere la circolazione di religiosi fasulli.
Anche sui diritti di proprietà vi è un aspro contenzioso fra le diverse comunità religiose e la Sara. Molte proprietà – edifici, ospedali, scuole, terreni – espropriate ai tempi di Mao Zedong per un uso “a favore del popolo”, secondo una legge varata da Deng Xiaoping dovrebbero ora essere riconsegnati ai rispettivi proprietari. Invece si assiste a un uso spregiudicato da parte di membri e uffici della Sara, che registrano tali proprietà come loro beni personali. Secondo la legge cinese alla Chiesa cattolica si dovrebbero restituire proprietà per 13 miliardi di euro.