Natale, giorno lavorativo ma pieno di gioia per i cattolici a Hiroshima
Il p. Arnaldo Negri è missionario del Pime a Mihara, nella diocesi di Hiroshima. La sua pastorale comprende sudamericani e filippini: “Qui la nascita di Gesù non è una festa nazionale, e alcuni miei parrocchiani devono percorrere quasi 30 chilometri per venire a messa. Ecco perché anche una piccola comunità è un grande risultato”.

Mihara (AsiaNews) – Il Natale “è un giorno lavorativo per il Giappone, che invece festeggia il 23 dicembre il compleanno dell’imperatore. Quindi a volte i numeri sono piccoli. Ma anche una piccola comunità è un grande risultato, in un Paese molto complicato, e pieno di gioia”. Lo dice ad AsiaNews p. Arnaldo Negri, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) in Giappone dal 1992.

Il ripetersi annuale della celebrazione del Natale, sottolinea p. Negri, “ci ricorda che Dio si è fatto uomo per essere vicino a ciascuno di noi e che la grazia di aver fatto questo incontro è anche responsabilità verso le persone che in vari modi desiderano la salvezza”. Nel suo caso, questa responsabilità si declina a Mihara: città a circa 70 chilometri a est di Hiroshima. La parrocchia ha un’estensione territoriale molto vasta e comprende città e paesi sulla costa, nell’interno e sulle isole. Il p. Negri cerca di raggiungere tutti: in un anno ha percorso una media di quasi 100 chilometri al giorno.

Nella sua missione, la cura pastorale è rivolta in maniera particolare agli stranieri: “La presenza prevalente è di sudamericani, peruviani e brasiliani, che hanno almeno un nonno giapponese. Altrimenti, date le leggi nazionali, non potrebbero avere la residenza permanente. E poi vi sono diverse signore filippine sposate con giapponesi, alcune con 20/25 anni di matrimonio altre appena sposate”.

Il 24 dicembre scorso, racconta ancora, “ho celebrato messa in giapponese alle 19, alla quale hanno partecipato diversi giapponesi e qualche straniero. Soprattutto le signore filippine e una o due famiglie peruviane e brasiliane. Alle 21 invece un’altra messa in spagnolo. Dopo la messa abbiamo fatto un piccolo party con il panettone, che ai peruviani piace con il cioccolato. Consideriamo che alcuni fedeli per venire qui devono fare anche grandi distanze in macchina, a volte persino 30 chilometri. Una comunità piccola ma unita”.

Il giorno successivo “le scuole sono in vacanza, mentre i genitori lavorano: alla messa della mattina ha partecipato la classe più grande dei bambini dell’asilo. Quest’anno sono andato su un’isola e ho radunato tre bambini cattolici con i loro genitori, più una trentina di bambini della parrocchia. Abbiamo fatto un piccolo bingo e un poco di festa dopo la messa fino alle 13, poi li abbiamo riaccompagnati a casa”.

I primi missionari del Pime sono arrivati in Giappone nel 1950, dopo essere stati espulsi dalla Cina divenuta maoista. Dopo circa due anni, a questi primi missionari si sono aggiunti giovani sacerdoti venuti dall’Italia: all’inizio all’Istituto erano state affidate le zone di Saga e dello Yamanashi. Con il passare del tempo a queste si sono aggiunte anche altre zone: attualmente nel Paese vivono 17 missionari Pime.

Prima che io fossi nominato parroco, racconta ancora p. Negri, “qui c’era qui una parrocchia tenuta da un sacerdote giapponese. Alle celebrazioni partecipavano alcune signore filippine, ma non i sudamericani che avevano problemi con la lingua. Dopo l’arrivo di un italiano, che capisce e impara con più facilità lo spagnolo e il portoghese, si sono sviluppati questi nuovi rapporti”.

I fedeli  “sanno che c’è il Giubileo della Misericordia, e dopo ogni messa preghiamo con la preghiera scritta dal papa per l’Anno Santo. Ma nella pratica non è che cambi moltissimo: le opere di misericordia sono le basi del cristianesimo, quelle su cui noi sacerdoti insistiamo di più. Quindi per noi e per i cattolici è normale insistere su questi temi. Per quanto riguarda i pellegrinaggi, andremo di certo alla cattedrale di Hiroshima dove c’è la Porta Santa. E pensiamo anche di fare una visita a un santuario mariano che si trova nella diocesi, uno degli ultimi luoghi di martirio dei primi cristiani giapponesi”.