Papa Francesco e Rouhani, per una rinascita dei cristiani in Medio Oriente e dell’islam iraniano
di Bernardo Cervellera

Con l’incontro di oggi riaffiora la speranza di stabilizzare la regione e fermare l’eccidio dei cristiani condannati a scomparire dalla minaccia di al Qaeda e dell’Isis, nemici anche dell’Iran. Può riprendere il dialogo fra culture, religioni e popoli, già rilanciato da Khatami e congelato ai tempi di Ahmadinejad. Un islam moderato è utile anche alla gioventù iraniana, nauseata dagli ayatollah e dai pasdaran. La traduzione del Catechismo e dei teologi cattolici in persiano.


Città del Vaticano (AsiaNews) - Ci son vari motivi per cui essere contenti dell’incontro di oggi fra papa Francesco e il presidente iraniano Hassan Rouhani.

C’è anzitutto un motivo di speranza: in Vaticano non si vedeva un presidente iraniano dai tempi di Mohammed Khatami (1997-2005), desideroso di aprire un dialogo culturale e religioso fra l’Iran e la Chiesa cattolica. Purtroppo a Khatami è succeduto Mahmoud Ahmadinejad, che con i suoi negazionismi sull’Olocausto e le sue minacce (vere e presunte) contro Israele e la comunità internazionale, ha raffreddato ogni contatto.

Il ritorno di un rappresentante della corrente moderata, di cui fa parte Rouhani, fa sperare che si riporti alla luce un dialogo culturale e rispettoso, capace di offrire spunti per una convivenza delle religioni e dei popoli.

Ciò è positivo per il Vaticano e la Chiesa cattolica, spesso bollate dal mondo islamico come “rappresentanti della religione dell’occidente”, a cui attribuire materialismo, colonialismo, immoralità e da usare come facile capro espiatorio: in Pakistan, Iraq, Egitto, … per colpire l’occidente si colpiscono i cristiani, anche se essi sono degli orientali, radicati in quelle terre da molti secoli prima dell’islam.

È positivo anche per l’islam iraniano. La rivoluzione di Khomeini ha stravolto la tradizione sciita, imponendo il controllo sociale della religione e la sharia (a immagine dell’Arabia saudita), oltre che la lotta contro tutti. Ma l’islam sciita è stato sempre più mistico e più aperto al dialogo con le culture. Ancora adesso, frutto dell’impegno di Khatami, resistono istituti per la produzione dell’enciclopedia islamica, che presenta in decine di volumi influenza e dialogo dell’islam con le scienze, le filosofie, le religioni. Io stesso ho potuto visitare lo scorso anno l'Università delle religioni e denominazioni di Qom, specializzata in traduzioni di libri sacri cristiani, indù, buddisti… Un gruppo di loro ha perfino tradotto in persiano il Catechismo della Chiesa cattolica, con introduzione del card. Jean Louis Tauran.

Il ritorno al volto dialogico e mistico dell’islam sciita sarebbe un bene anche per la società iraniana, dove i giovani – circa il 50% della popolazione – sono sempre più nauseati dai discorsi politici nelle moschee e dal pesante controllo sui costumi, e sempre più si allontanano dai mullah e dai pasdaran, bollandoli con ironia.

C’è anche un motivo politico di sopravvivenza: la crescita di al Qaeda e dell’Isis in Medio oriente ha decretato la “pulizia etnica” dei cristiani, che “inquinano la società araba” con la loro modernità e apertura. Far partecipare a parte intera l’Iran alla lotta contro l’Isis, ai dialoghi sulla Siria, sull’Iraq e sul Libano avrebbe una funzione correttrice e equilibratrice al groviglio di tensioni dell’area.

In Iran i cristiani sono costretti a vivere in un ghetto, impossibilitati a fare missione, ma vivono sicuri, senza incidenti e attentati, con garanzie migliori che in altri Paesi del Golfo e della penisola arabica.

C’è un motivo di sopravvivenza anche per l’Iran: nella misura in cui nel Paese cresce e si rafforza la corrente moderata, l’Iran potrà dare motivo di lavoro e di impegno per la sua popolazione. L’Onda verde, il movimento di contestazione all’elezione (manipolata) di Ahmadinejad (nel 2009) è stato soffocato nel sangue, ma i protagonisti, la società civile sono ancora vivi e non desiderano altro che liberarsi dal cappio degli ayatollah e della mafia economica che è divenuta l’organizzazione dei pasdaran. Senza una gestione dei moderati, l’Iran rischia la guerra interna.

La vittoria dei moderati apre la speranza anche per maggiori contatti e commerci con la comunità internazionale. L’Italia, primo Paese ad essere visitato da Rouhani dopo la fine delle sanzioni, ha già firmato intese che si aggirano sui 17 miliardi di euro. Francia, Germania, Stati Uniti attendono anche loro di acquisire una fetta dei commerci con Teheran.

Da questo punto di vista, l’incontro di Rouhani con papa Francesco ha valore di “sdoganamento” dell’Iran nella comunità internazionale, un po’ sullo stile del ruolo giocato dalla segreteria di Stato vaticana nel rapporto fra Cuba e Stati Uniti.

In Iran vi sono ancora molti problemi legati ai diritti umani: condanne a morte, prigionieri, censure, blocchi dei social network… Ma appunto: questo è l’Iran del passato, che Rouhani sta combattendo. Il successo dell’accordo sul nucleare; l’accettazione dei controlli Onu; la liberazione dei prigionieri Usa, sono la pista da seguire ed è l’amicizia con Rouhani, non la sua condanna.