Filippine: al via la campagna per le presidenziali, nessun vincitore annunciato

Il prossimo 9 maggio, 56 milioni di filippini eleggeranno il capo dello Stato e i governatori locali. Cinque i candidati principali per la carica di presidente. Si va dall’attuale vice-presidente Binay, accusato di corruzione, all’outsider dal pugno di ferro Duterte, passando per la giovane Grace Poe, di cui molti contestano l’eleggibilità.


Manila (AsiaNews) – È iniziata ieri la campagna elettorale dei candidati alla presidenza delle Filippine, che si sfideranno alle urne il prossimo 9 maggio per succedere a Benigno Aquino, eletto nel 2010. Circa 56 milioni di filippini sono chiamati a votare per la più alta carica dello Stato ed eleggere i candidati a 18mila cariche nazionali, provinciali e cittadine, inclusi 12 senatori. La corsa alla presidenza si preannuncia molto combattuta, con nessuno dei cinque principali candidati che può vantare al momento un vantaggio significativo. La Commissione elettorale ha organizzato tre dibattiti presidenziali: il 21 febbraio a Mindanao, il 20 marzo nelle isole Visayas e a Luzon il 24 aprile.

Il primo candidato forte è Manuel “Mar” Roxas, preferito dall’attuale presidente, leader del Liberal Party (Lp). Figlio di un senatore e nipote di un ex presidente, Roxas (58 anni) è stato senatore membro del congresso, prima di entrare nel governo Aquino come ministro dell’Interno. Viene soprannominato “Mr. Palengke” (mister mercato) perché è ritenuto l’unico candidato ad avere buona conoscenza dell’economia. Dall’attitudine conservatrice, Roxas, secondo fonti di AsiaNews, sarebbe “troppo poco carismatico” per la carica di presidente.

Jejomar “Jojo” Binay, 73 anni, è l’attuale vice-presidente e fondatore del partito United Nationalist Alliance (Una). Binay si presenta come candidato del popolo e vicino alle fasce povere della popolazione, ma su di lui pendono forti sospetti di corruzione risalenti al periodo in cui era sindaco di Makati City e presidente dei Boy Scouts filippini. Da vice-presidente è stato spesso in opposizione alle scelte di Benigno Aquino: è uno dei maggiori detrattori della Bansamoro Basic Law (Bbl), bozza di legge che farebbe del Bangsamoro [regione del Mindanao a maggioranza musulmana ndr] una regione “a statuto speciale”. Uno fonte cattolica ha detto di lui: “Se anche una delle molte accuse di corruzione che gli sono mosse fosse vera, questo basterebbe a renderlo un candidato indegno”.

La giovane senatrice Grace Poe (che corre senza partito) è una delle favorite, anche se la Corte suprema deve ancora accertare la sua candidabilità. Poe, infatti, è stata abbandonata bambina dai genitori ed è stata adottata da un politico e da un’attrice filippini. È cresciuta poi negli Stati Uniti, dove ha preso la cittadinanza, rinunciando a quella filippina. Tornata a Manila, ha dovuto rinunciare al passaporto statunitense per riacquistare quello filippino. Poe, 47 anni, è in testa ai primi sondaggi e gode del sostengo di molti uomini d’affari e intellettuali, ma è vista anche come “troppo inesperta della politica filippina”.

Rodrigo Duterte è membro del Pdp-Laban Party e sindaco di Davao City (sud Mindanao), che ha trasformato da luogo arretrato e malavitoso a “città più sicura d’Asia”. Con la sua politica del pugno di ferro, il politico ha sradicato la criminalità nel territorio, imponendo il coprifuoco per i giovani e sostenendo il diritto di fare fuoco sui sospettati. Duterte, 70 anni, si propone come un candidato in grado di restituire ordine e sicurezza al Paese, ma molti temono che la sua indole possa trasformare il suo mandato in “una nuova dittatura”. Il suo progetto è quello di trasformare le Filippine in un Paese federale, per evitare i mali creati da un governo centralizzato.

La senatrice Miriam Santiago, 70 anni, è membro del People’s Reform Party, con il quale ha quasi vinto le presidenziali nel 1992. La donna, alla sua terza candidatura, è stata inserita nella lista delle 100 donne più potenti al mondo stilata dall’Australian magazine. Data la sua grande esperienza, gode di un buon appoggio ed è considerata un candidato affidabile, ma nei primi sondaggi si è piazzata all’ultimo posto.