Il cessate-il-fuoco tiene a Damasco, Aleppo, Deera e Homs. Le minacce della Turchia. Un’autobomba è scoppiata nella provincia di Hama. Inviato Onu. Se la tregua tiene, i negoziati intersiriani riprenderanno il 7 marzo.
Damasco (AsiaNews) – Un fragile tregua fra il regime e le fazioni ribelli è entrata in vigore dalla mezzanotte e per ora sembra tenere. Il cessate-il-fuoco è sostenuto anche da una risoluzione del Consiglio di sicurezza e spinta da Stati Uniti e Russia. L’inviato speciale Onu per la Siria, Staffan de Mistura ha detto che se la tregua tiene, entro il 7 marzo potrebbero riprendere i dialoghi di pace intersiriani. I precedenti tentativi di dialogo sono naufragati agli inizi di febbraio.
Il presidente siriano Bashar el-Assad, un centinaio di fazioni ribelli e le forze curde hanno dichiarato che rispetteranno il cessate-il-fuoco. Alla tregua sono esclusi i gruppi islamisti dello Stato islamico (SI) e di al-Nusra. Quest’ultimo – alleato di diverse fazioni ribelli - ha lanciato un appello ieri sera a continuare la guerra.
La Turchia, che col paravento della lotta al terrorismo, combatte l’irredentismo curdo, ha dichiarato che essa non esclude raid aerei contro le milizie curde siriane, che combattono lo SI.
Al-Nusra e e lo SI occupano più di metà del territorio siriano, nella zona centro e sud-est. La tregua viene rispettata più o meno sul 10% del Paese: a Damasco, ad Aleppo, a Deera (al sud) e ad Homs (al centro).
Finora si riscontra un episodio di violenza: un’autobomba è scoppiata vicino a un posto di blocco nella zona est della città di Salamiyeh, nella provincia di Hama, che ha ucciso due militari. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, con base a Londra, vi sono stati anche colpi ad intermittenza nella zona a nord di Lattakia. Gli incidenti vengono attribuiti ad attacchi di islamisti.
È la prima volta che un cessate il fuoco di simile vastità viene applicato nel paese. La guerra in Siria, che dura ormai da cinque anni, ha fatto più di 270mila morti, in maggioranza civili e ha creato un’ondata di profughi pari a 11 milioni, più di metà della popolazione.
Sul terreno si affrontano esercito siriano e ribelli siriani, ma anche gruppi islamisti da 80 nazioni, con l’implicazione diretta o indiretta di potenze internazionali quali l’Arabia saudita, l’Iran, gli Stati Uniti e la Russia.