Spose bambine salvate dalle scuole don Bosco in India

P. M C George Menamparampil interviene al simposio “Voci di fede” organizzato in Vaticano dalla Fidel Götz Foundation con il Jesuit Refugee Servicee. Ad AsiaNews parla del lavoro degli educatori salesiani per salvare i bambini dalla strada, dal lavoro minorile, dai matrimoni precoci. Le storie di quattro ragazze condannate dalle famiglie a diventare spose in tenera età, ma salvate dall’opera dei salesiani.


Roma (AsiaNews) – Ogni anno i salesiani di don Bosco salvano centinaia di bambine dai matrimoni precoci e da un destino di schiavitù domestica. Lo riferisce ad AsiaNews p. M C George Menamparampil, coordinatore nazionale delle scuole don Bosco in India, intervistato a margine del simposio “Voci di Fede” organizzato dalla Fidel Götz Foundation con il Jesuit Refugee Service in Vaticano, in occasione della Giornata mondiale della donna. Il sacerdote parla dell’importanza dell’educazione cattolica in India, focalizzata in particolare su donne, bambini poveri e tribali, “che senza di noi non avrebbero mai avuto un’occasione per migliorare la propria vita”.

Il sacerdote è nato in Kerala, ma negli ultimi 48 anni ha dedicato la propria vita al servizio delle persone svantaggiate delle comunità tribali presenti nell’area nord-orientale del Paese. A proposito della condizione delle donne, egli riferisce che ogni anno 15 milioni di bambine sono costrette a contrarre matrimoni forzati. Questo avviene anche in India, dove per legge sono vietati, ma le tradizioni indù “li considerano una cosa ‘normale’. I genitori non sanno che fare con le bambine dentro casa, preferiscono darle in matrimonio. Inoltre esiste un’obbligazione fondamentale per i padri indù: far sposare la figlia prima della propria morte”.

Racconta il caso di quattro ragazze salvate dagli istituti dei salesiani, tra le centinaia che ogni anno ricevono aiuto. Tutte loro provengono da famiglie povere o tribali, hanno un passato di violenze, abusi, sofferenza e infine rinascita. Rupa Khatun, di 18 anni, ha perso la madre da giovane e il padre è alcolista: invece di mandare a scuola lei e i fratelli, sprecava il denaro bevendo. Quando la madre è morta, ha portato la ragazza in un luogo con soli uomini e l’ha abbandonata in mezzo a loro. Rupa a quell’epoca aveva 7 anni, ma è riuscita a scappare.

Un’altra storia di discriminazione e violenza sulle donne è quella di Chiquita, dell’Andhra Pradesh, sposa a 15 anni per volere della famiglia. È riuscita a fuggire dopo un mese di matrimonio e a raccontare la sua storia ad una Ong, che l’ha condotta ad un istituto di suore salesiane. “Il suo sogno è lavorare in banca”, dice p. Menamparampil, “e prendersi cura della madre affetta da problemi psichici”. Kanchan Kumari Sao, invece, di sogni ne ha due: costruirsi una casa da sola e aprire un’impresa edile. Per il primo obiettivo “è sulla buona strada perché grazie al Dbseri (Don Bosco Self-Employment Research Institute), è riuscita a frequentare un corso professionale per ingegneria edile e a impiegare al meglio le sue capacità”. Per la sua affermazione è stata fondamentale la figura del padre, “l’eroe della sua vita”, che si è rifiutato di dare in matrimonio la figlia, preferendo piuttosto un percorso formativo.

Nel caso di Deepika Samkuru (nome di fantasia), – l’ultima storia che racconta –, è stata invece la famiglia di origine a spingerla più volte al matrimonio, senza successo, fin da quando aveva 15 anni. La ragazza, che ora di anni ne ha 22, è stata vittima di violenze domestiche da padre di tutti i parenti: segregata in casa, le hanno sbattuto la testa al muro fino a farle uscire il sangue perché aveva rifiutato il terzo pretendente. Anche le sorelle non comprendono la sua scelta, anzi una di loro è “diventata nonna a 30 anni!”, esclama p. Menamparampil.

Il sacerdote conclude riferendo l’attuale situazione delle quattro ragazze salvate. La prima, Rupa, durante la fuga ha incontrato una signora che l’ha portata alla stazione di polizia, da dove è stata condotta ad un Ashalayam (Casa della speranza) di don Bosco. Oggi vuole diventare un’insegnante per raccontare la sua storia ed essere da “esempio di ciò che non deve accadere”. Chiquita frequenta l’undicesima classe in una scuola gestita da suore e vuole proseguire gli studi. Kanchan Kumari Sao ha iniziato a lavorare nelle costruzioni. Infine Deepika Samkuru è riuscita ad allontanarsi dalla famiglia-carcere e ha raggiunto il Navajeevan Bala Bhavan (Casa per i bambini di don Bosco per dare loro nuova vita) di Vijayawada. Da anni non vede più nessun familiare.