“Anche noi possiamo vivere a volte una sorta di esilio, quando la solitudine, la sofferenza, la morte ci fanno pensare di essere stati abbandonati da Dio, ma “Dio non è assente” neppure nelle situazioni più drammatiche. “Dio è vicino, e fa opere grandi di salvezza per chi confida in Lui”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Le nazioni, i governanti, aprano il cuore e aprano le porte ai migranti. E’ tornato a chiederlo oggi il Papa, evocando la situazione di “innocenti” che “soffrono all’aperto, senza cibo e non possono entrare, non sentono l’accoglienza”. Ma “Dio non è assente”, neppure in tali drammatiche situazioni. Della “consolazione” che viene dalla misericordia di Dio il Papa ha parlato oggi alle 20mila persone presenti in piazza san Pietro per l’udienza generale, commentando i capitoli 30 e 31 del libro di Geremia, detti “libro della consolazione”.
“Geremia – ha detto Francesco - si rivolge agli israeliti che sono stati deportati in terra straniera e preannuncia il ritorno in patria. Questo rientro è segno dell’amore infinito di Dio Padre che non abbandona i suoi figli, ma se ne prende cura e li salva.
L’esilio era stata un’esperienza devastante per Israele. La fede aveva vacillato perché in terra straniera, senza il tempio, senza il culto, dopo aver visto il paese distrutto, era difficile continuare a credere alla bontà del Signore. Mi viene il pensiero della vicina Albania e come dopo tanta persecuzione e distruzione è riuscita ad alzarsi nella dignità e nella fede. Così avevano sofferto gli israeliti nell’esilio”.
“Anche noi possiamo vivere a volte una sorta di esilio, quando la solitudine, la sofferenza, la morte ci fanno pensare di essere stati abbandonati da Dio. Tante volte persone che soffrono e si sentono abbandonate. E quanti nostri fratelli invece stanno vivendo in questo tempo una reale e drammatica situazione di esilio, lontani dalla loro patria, con negli occhi ancora le macerie delle loro case, nel cuore la paura e spesso, purtroppo, il dolore per la perdita di persone care! In questi casi uno può chiedersi: dov’è Dio? Come è possibile che tanta sofferenza possa abbattersi su uomini, donne e bambini innocenti?. E quando cercano di entrare da qualche altra parte gli chiudono la porta. E sono lì, al confine, perché tante porte e tanti cuori sono chiusi. I migranti di oggi che soffrono all’aperto, senza cibo e non possono entrare, non sentono l’accoglienza. A me piace tanto sentire quando vedo le nazioni, i governanti, che aprono il cuore e aprono le porte!”.
“Il profeta Geremia ci dà una prima risposta. Il popolo esiliato potrà tornare a vedere la sua terra e a sperimentare la misericordia del Signore. È il grande annuncio di consolazione: Dio non è assente, neppure oggi, in queste drammatiche situazioni, Dio è vicino, e fa opere grandi di salvezza per chi confida in Lui. Non si deve cedere alla disperazione, ma continuare ad essere sicuri che il bene vince il male e che il Signore asciugherà ogni lacrima e ci libererà da ogni paura. Perciò Geremia presta la sua voce alle parole d’amore di Dio per il suo popolo: «Ti ho amato di amore eterno,/ per questo continuo a esserti fedele./ Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata,/ vergine d’Israele./ Di nuovo prenderai i tuoi tamburelli/ e avanzerai danzando tra gente in festa» (31,3-4). Il Signore è fedele, non abbandona alla desolazione. Dio ama di un amore senza fine, che neppure il peccato può frenare, e grazie a Lui il cuore dell’uomo si riempie di gioia e di consolazione”.
“Il sogno consolante del ritorno in patria continua nelle parole del profeta, che rivolgendosi a quanti ritorneranno a Gerusalemme dice: «Verranno e canteranno inni sull’altura di Sion,/ andranno insieme verso i beni del Signore,/ verso il grano, il vino e l’olio,/ i piccoli del gregge e del bestiame./ Saranno come un giardino irrigato,
non languiranno più» (31,12).Nella gioia e nella riconoscenza, gli esuli torneranno a Sion, salendo sul monte santo verso la casa di Dio, e così potranno di nuovo innalzare inni e preghiere al Signore che li ha liberati. Questo ritornare a Gerusalemme e ai suoi beni è descritto con un verbo che letteralmente vuol dire “affluire, scorrere”. Il popolo è visto, in un movimento paradossale, come un fiume in piena che scorre verso l’altura di Sion, risalendo verso la cima del monte. Un’immagine ardita per dire quanto è grande la misericordia del Signore!”.
“La terra, che il popolo aveva dovuto abbandonare, era divenuta preda di nemici e desolata. Adesso, invece, riprende vita e rifiorisce. E gli esuli stessi saranno come un giardino irrigato, come una terra fertile. Israele, riportato in patria dal suo Signore, assiste alla vittoria della vita sulla morte e della benedizione sulla maledizione.
È così che il popolo viene fortificato e - questa parola è importante! - consolato da Dio, consolato. I rimpatriati ricevono vita da una fonte che gratuitamente li irriga donando loro fecondità. A questo punto, il profeta annuncia la pienezza della gioia, e sempre a nome di Dio proclama: «Cambierò il loro lutto in gioia,/ li consolerò e li renderò felici, senza afflizioni» (31,13). E’ il dono che il Signore vuole fare anche a ciascuno di noi, con il suo perdono che converte e riconcilia”.
“Il profeta Geremia ci ha dato l’annuncio, presentando il ritorno degli esiliati come un grande simbolo della consolazione data al cuore che si converte. Il Signore Gesù, da parte sua, ha portato a compimento questo messaggio del profeta. Il vero e radicale ritorno dall’esilio e la confortante luce dopo il buio della crisi di fede, si realizza a Pasqua, nell’esperienza piena e definitiva dell’amore di Dio, amore misericordioso che dona gioia, pace e vita eterna”.