Papa alla Domenica delle Palme: Gesù, all’apice dell’annientamento, rivela il volto vero di Dio, che è misericordia

All’inizio dei riti della Settimana Santa, papa Francesco esorta a guardare al Crocifisso, la “cattedra di Dio”, dove il Figlio di Dio “«svuotò» e «umiliò» sé stesso"  e insieme ci spinge a “imparare l’amore umile, che salva e dà la vita, per rinunciare all’egoismo, alla ricerca del potere e della fama”. Il ricordo dei “tanti emarginati, tanti profughi” lasciati morire nell’indifferenza. Decine di migliaia di giovani in preparazione alla Giornata mondiale della gioventù a Cracovia nel prossimo luglio.


Città del Vaticano (AsiaNews) – “Gesù…, all’apice dell’annientamento, rivela il volto vero di Dio, che è misericordia… Se è abissale il mistero del male, infinita è la realtà dell’Amore che lo ha attraversato”. E anche se “può sembrarci tanto distante il modo di agire di Dio, che si è annientato per noi, mentre a noi pare difficile persino dimenticarci un poco di noi”, “Gesù ci invita a camminare sulla sua strada”, a “rinunciare all’egoismo, alla ricerca del potere e della fama”, prendendo “la via del servizio, del dono, della dimenticanza di sé”. Durante la sua omelia sulla passione di Gesù, Francesco ha anche ricordato il destino di “tanta gente, tanti emarginati, tanti profughi” verso cui il mondo mostra indifferenza.

Così papa Francesco ha sintetizzato il senso della celebrazione di oggi, che dà inizio ai riti della Settimana santa. La festa ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, acclamato dalla popolazione agitando con rami di palma e arbusti. Per questo, prima della messa, vicino all’obelisco che si staglia in mezzo a piazza san Pietro, il papa ha benedetto rami di palma e d’ulivo, dando il via a una processione verso il sagrato della basilica. Nella piazza sono presenti decine di migliaia di giovani della diocesi di Roma e d’Italia, in preparazione alla in occasione della XXXI Giornata Mondiale della Gioventù che si terrà dal 26 al 31 luglio a Cracovia (Polonia). Giovani sono anche i lettori e i cantori della liturgia. Il vangelo della messa di oggi è il lungo racconto della passione del Signore secondo san Luca, drammatizzato da tre diaconi e dal coro.

Nell’omelia, papa Francesco ricorda anzitutto “l’entusiasmo” delle folle di Gerusalemme nell’accogliere Gesù: “come è entrato a Gerusalemme, Egli desidera entrare nelle nostre città e nelle nostre vite… Niente poté fermare l’entusiasmo per l’ingresso di Gesù; niente ci impedisca di trovare in Lui la fonte della nostra gioia, la gioia vera, che rimane e dà la pace; perché solo Gesù ci salva dai lacci del peccato, della morte, della paura e della tristezza”.

“Ma la Liturgia di oggi – continua - ci insegna che il Signore non ci ha salvati con un ingresso trionfale o mediante dei potenti miracoli”. Citando la seconda lettura (Filippesi 2,6-11), egli ricorda che il percorso di Gesù è definito con due parole: “«svuotò» e «umiliò» sé stesso (Fil 2,7.8)”. “Questi due verbi ci dicono fino a quale estremo è giunto l’amore di Dio per noi. Gesù svuotò sé stesso: rinunciò alla gloria di Figlio di Dio e divenne Figlio dell’uomo, per essere in tutto solidale con noi peccatori, Lui che è senza peccato. Non solo: ha vissuto tra noi in una «condizione di servo» (v. 7): non di re, né di principe, ma di servo”.

“La Settimana Santa”, aggiunge il papa, “ci mostra” che  Egli “si è umiliato, e l’abisso della sua umiliazione… sembra non avere fondo”.

“Il primo gesto di questo amore «sino alla fine» (Gv 13,1) è la lavanda dei piedi. «Il Signore e il Maestro» (Gv 13,14) si abbassa fino ai piedi dei discepoli, come solo i servi facevano. Ci ha mostrato con l’esempio che noi abbiamo bisogno di essere raggiunti dal suo amore, che si china su di noi; non possiamo farne a meno, non possiamo amare senza farci prima amare da Lui, senza sperimentare la sua sorprendente tenerezza e senza accettare che l’amore vero consiste nel servizio concreto.

Ma questo è solo l’inizio. L’umiliazione che Gesù subisce si fa estrema nella Passione: viene venduto per trenta denari e tradito con un bacio da un discepolo che aveva scelto e chiamato amico. Quasi tutti gli altri fuggono e lo abbandono; Pietro lo rinnega tre volte nel cortile del tempio. Umiliato nell’animo con scherni, insulti e sputi, patisce nel corpo violenze atroci: le percosse, i flagelli e la corona di spine rendono il suo aspetto irriconoscibile. Subisce anche l’infamia e la condanna iniqua delle autorità, religiose e politiche: è fatto peccato e riconosciuto ingiusto. Pilato, poi, lo invia da Erode e questi lo rimanda dal governatore romano: mentre gli viene negata ogni giustizia, Gesù prova sulla sua pelle anche l’indifferenza, perché nessuno vuole assumersi la responsabilità del suo destino”. E qui il pontefice, a braccio, ricorda “tanta gente, tanti emarginati, tanti profughi” dei quali molta gente non vuole prendere alcuna responsabilità.

“La folla – riprende - che poco prima lo aveva acclamato, trasforma le lodi in un grido di accusa, preferendo persino che al suo posto venga liberato un omicida. Giunge così alla morte di croce, quella più dolorosa e infamante, riservata ai traditori, agli schiavi e ai peggiori criminali. La solitudine, la diffamazione e il dolore non sono ancora il culmine della sua spogliazione. Per essere in tutto solidale con noi, sulla croce sperimenta anche il misterioso abbandono del Padre. Nell’abbandono, però, prega e si affida: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46). Appeso al patibolo, oltre alla derisione, affronta l’ultima tentazione: la provocazione a scendere dalla croce, a vincere il male con la forza e a mostrare il volto di un dio potente e invincibile”.

“Gesù invece, proprio qui, all’apice dell’annientamento, rivela il volto vero di Dio, che è misericordia. Perdona i suoi crocifissori, apre le porte del paradiso al ladrone pentito e tocca il cuore del centurione. Se è abissale il mistero del male, infinita è la realtà dell’Amore che lo ha attraversato, giungendo fino al sepolcro e agli inferi, assumendo tutto il nostro dolore per redimerlo, portando luce nelle tenebre, vita nella morte, amore nell’odio”.

“Può sembrarci tanto distante il modo di agire di Dio, che si è annientato per noi, mentre a noi pare difficile persino dimenticarci un poco di noi. Egli viene a salvarci; siamo chiamati a scegliere la sua via: la via del servizio, del dono, della dimenticanza di sé. Possiamo incamminarci su questa via soffermandoci in questi giorni a guardare il Crocifisso, la ‘cattedra di Dio’. Vi invito questa settimana a guardare spesso questa ‘cattedra di Dio’, per imparare l’amore umile, che salva e dà la vita, per rinunciare all’egoismo, alla ricerca del potere e della fama. Con la sua umiliazione, Gesù ci invita a camminare sulla sua strada. Rivolgiamo lo sguardo a Lui, chiediamo la grazia di capire almeno qualcosa di questo mistero del suo annientamento per noi; e così, in silenzio, contempliamo il mistero di questa Settimana”.

Al termine della celebrazione, papa Francesco ha recitato l’Angelus coi fedeli. Prima della preghiera mariana, egli ha rivolto un saluto ai molti giovani presenti nella piazza. “Oggi – ha detto -  si celebra la 31ª Giornata Mondiale della Gioventù, che avrà il suo culmine alla fine di luglio nel grande Incontro mondiale a Cracovia. Il tema è «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7). Il mio saluto speciale va ai giovani qui presenti, e si estende a tutti i giovani del mondo. Spero che potrete venire numerosi a Cracovia, patria di san Giovanni Paolo II iniziatore delle Giornate Mondiali della Gioventù. Alla sua intercessione affidiamo gli ultimi mesi di preparazione di questo pellegrinaggio che, nel quadro dell’Anno Santo della Misericordia, sarà il Giubileo dei giovani a livello della Chiesa universale.

Sono qui con noi molti giovani volontari di Cracovia. Tornando in Polonia, porteranno ai responsabili della Nazione i rami di ulivo raccolti a Gerusalemme, Assisi e Montecassino e benedetti oggi in questa piazza, come invito a coltivare propositi di pace, di riconciliazione e di fraternità. Grazie per questa bella iniziativa; andate avanti con coraggio!”.