Garo Paylan ricorda l’anniversario del genocidio domandando un’inchiesta sull’uccisione di alcuni parlamentari armeni nel 1915. Esposte le loro foto nella sala dell’Assemblea. In Turchia parlare di “genocidio armeno” comporta la condanna fino a tre anni di prigione.
Ankara (AsiaNews) – Garo Paylan, deputato di origine armena del gruppo parlamentare del Partito popolare democratico (filo-curdo), ha aperto il suo discorso all’Assemblea nazionale turca (v. foto 1), pronunciando la parola “Salve” in armeno (“Parev”), riportando alla memoria del Paese il 101mo anniversario del genocidio armeno, iniziato nel 1915. Il suo discorso si è tenuto due giorni fa ad Ankara, in prossimità della giornata che ricorda il genocidio armeno, fissata per il 24 aprile. Il genocidio ha causato lo sterminio quasi totale della popolazione armena, deportando verso i deserti siriani ed iracheni i pochi “avanzi della spada”. Grazie alla fine della Prima guerra mondiale e alla sconfitta dell’impero ottomano, i pochi sopravvissuti ricostituirono quella che oggi è la diaspora armena nel mondo. Tale diaspora è composta dai nipoti e discendenti di quei sopravvissuti - orfani e vedove scheletriti, quasi senza più sembianze umane - che ancora oggi lottano affinché la Turchia fermi la falsificazione storica ed il suo negazionismo di Stato. Ancora oggi, infatti, Il governo turco si rifiuta di riconoscere il genocidio ai danni degli armeni, e questa è una delle cause di tensione tra Unione europea e Turchia, come pure con la Santa Sede. I tribunali turchi condannano al carcere fino a tre anni chiunque pronunci il genocidio armeno in pubblico.
I turchi di origine armena, gli armeni della diaspora e molti Paesi nel mondo spingono Ankara a riconoscere il “Grande Male” dello sterminio e a chiedere perdono.
Il deputato Garo Paylan ha chiesto al governo “di aprire un’indagine” relativa “all’uccisione dei 13 deputati armeni del Parlamento turco nel 1915”, assassinati nelle modalità più barbare solo perché armeni, nonostante fossero coperti da immunità parrlamentare.
“Uno ogni due cittadini in queste terre era armeno o in parte armeno” ha ricordato il deputato Garo Paylan. “Voi – ha continuato - cercate di giustificare gli avvenimenti con la scusa della guerra”.
“Ammettiamo che ci fosse stata davvero la guerra fra armeni e turchi” ha detto Paylan “ammettiamo per ipotesi che ci fossero stati alcuni armeni passati al campo russo. Che colpa ne aveva l’intera popolazione? Perché sterminare i bambini, le donne, gli anziani in zone lontane migliaia di chilometri dal confine russo-turco?”.
“Io sono qui” ha ricordato Garo Paylan “perché un vicino di casa turco ha voluto salvare nascondendo a casa sua a Malatya, mio nonno allora bambino”.
Alcuni nazionalisti turchi in aula hanno cercato di coprire l’intervento del deputato cristiano, durato 6 minuti. Ma egli continuando, ha mostrato una ad una le foto dei deputati ottomani armeni uccissi durante il genocidio del 1915 (v. foto 2): Krikor Zohrab, deputato di Istanbul; Bedros Haladjian, deputato di Istanbul; Nazaret Daghavarian, deputato di Sivas; Garabed Pashaian, deputato di Sivas; Ohannes Seringulian, deputato di Erzurum; Onnik Tersekian, deputato di Van; Hampartsum Boyadjian, deputato di Kozan; Vahan Papazian, deputato di Van; Hagop Babikian, deputato di Terkidg; Karekin Pasdermedjian, deputato di Erzurum; Kegham Der Garabedian, deputato di Mush; Hagop Boyadjian, deputato di Terkidag; Artin Boshgezenian, deputato di Aleppo. Di ognuno egli ha dato brevi dettagli sul loro tragico destino durante il Genocidio.
Il deputato armeno ha condannato il fatto che molte strade, piazze, scuole ed ospedali sono dedicati ai nomi dei perpetratori del Genocidio. “Potete immaginare – ha detto - di recarvi in Germania e passeggiare in una via dedicata ad Adolf Hitler?”.
Paylan non ha detto che i perpetratori hanno anche i loro mausolei su una collina di Istanbul, dove sono sepolti come eroi.
Alla fine della presentazione, i fischi dei nazionalisti turchi, sono stati coperti da un coro di applausi da parte dei deputati curdi, e Garo Paylaan ha concluso, come aveva esordito, in lingua armena dicendo: “Azdvaz irentz Hokin Lusavore”, “Che Dio copra di luce le loro anime”. (PB)