Ne è convinto l’ex direttore della Rivista del Patriarcato di Mosca, Sergei Chapnin. In un recente intervento pubblico il vescovo e rettore del seminario teologico Sretensky ha denunciato che il dialogo con i cattolici all’interno della comunità ortodossa non viene guardato con simpatia e che la maggior parte dei fedeli non vede “alcun vero futuro nell’idea di ecumenismo nella Chiesa”.
Mosca (AsiaNews) - Dopo lo storico incontro a Cuba tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca Kirill, nella Chiesa ortodossa russa “è in corso la formazione di un movimento anti-ecumenico. Alla sua guida si sta proponendo il vescovo Tikhon (Shevkunov, v. foto), rettore del prestigioso seminario teologico del monastero Sretensky di Mosca”. Ne è convinto Sergei Chapnin, direttore dell’almanacco “Dari” ed ex direttore della Rivista del Patriarcato, che ad AsiaNews ha commentato così il recente intervento del vescovo ortodosso davanti agli studenti della facoltà di sociologa dell’Università statale Lomonosov di Mosca. Il vescovo è da molti ritenuto il consigliere spirituale del presidente Vladimir Putin. Secondo quanto ha riportato l’agenzia russa Ria Novosti, Tikhon si è detto sicuro che “oggi non si può parlare a ragione dell’ecumenismo come di una posizione dominante” all’interno della comunità ortodossa russa. A suo dire, l’attuale posizione ecumenica, a favore dell’unità tra cristiani, viene percepita da gran parte dei fedeli “senza alcuna simpatia” e la maggior parte di loro non vede “alcun vero futuro nell’idea di ecumenismo nella Chiesa”. Secondo il vescovo, vi sono delle ragioni comprensibili a questo sentimento: “L’ecumenismo viene saldamento associato con la burocrazia ecclesiastica, con i funzionari del Patriarcato, e questo non aggiunge simpatia, la gente non ama i burocrati non importa se siano in tonaca o in abiti secolari”. Ha poi aggiunto che la teologia dell’ecumenismo è “inventata e priva di motivi naturali”, mentre la teologia anti-ecumenica “si basa sulla tradizione patristica”.
Proprio il termine “patristica” viene utilizzato per descrivere la posizione dei gruppi fondamentalisti interni alla Chiesa ortodossa che si oppongono alla linea “nikodimica”, a cui viene associato invece lo stesso patriarca Kirill. L’aggettivo si riferisce a una posizione relativamente giovane, “che prende il nome dal metropolita Nikodim (Rotov), morto improvvisamente durante la sua udienza con papa Giovanni Paolo I nel 1978. La sua caratteristica distintiva è la mancanza di paura davanti all’Occidente e, in particolare, davanti al Vaticano, il rifiuto di vedere un nemico in qualunque cristiano non ortodosso”, ha spiegato in un suo articolo per AsiaNews Chapnin. Nel suo intervento davanti agli studenti russi, il vescovo Tikhon ha attaccato direttamente la politica ecumenica condotta da Nikodim durante le persecuzioni del periodo di Krusciov. A suo dire, si trattava solo di una “manovra” decisa a tavolino in “modo freddo e pragmatico” dalla gerarchia ecclesiastica di quegli anni “per cercare di salvare le strutture della Chiesa sul territorio dell’Urss sotto la copertura internazionale”.
Non è la prima volta che Tikhon si esprime in pubblico contro l’ecumenismo e il dialogo con i cattolici. Lo ha fatto nei giorni subito successivi all’abbraccio tra Francesco e Kirill, in un’omelia del 21 febbraio, in cui ha citato il santo ieromartire Hilarion (Troitsky, 1886-1929), dicendo: “I cattolici per me non sono Chiesa e di conseguenza neppure cristiani, perché non vi è cristianesimo senza Chiesa”.
Più di un mese fa, su internet è stato pubblicato un “Messaggio dei cittadini ortodossi russi agli organi di potere statale e alla gerarchia ecclesiastica con la richiesta di ripristinare legge e ordine”. L’appello sottolinea che una delle minacce più serie alla sicurezza della Federazione è la dichiarazione congiunta siglata dal Patriarca di Mosca e dal Papa durante l’incontro a L’Avana. A detta dei firmatari, il testo “non rispetta il vero insegnamento ortodosso ed è un’apologia dell’eresia dell’ecumenismo, progettata per legittimare il movimento ecumenico” al Sinodo pan-ortodosso che si terrà in giugno a Creta. L’attacco è stato poi diretto apertamente contro Kirill, colpevole di aver firmato a nome di tutta la Chiesa ortodossa - ma senza aver ricevuto nessuna reale delega a riguardo - una dichiarazione con il capo del Vaticano, di fatto “riconoscendo l’uguaglianza canonica” con il Pontefice e tradendo la definizione patristica del “papismo” come eresia.
Il 15 aprile, il servizio comunicazione del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca ha diffuso due comunicati che rispondono a chi vede nell’incontro di Cuba un “tradimento” della fede ortodossa e l’“Anticristo” nel prossimo Sinodo pan-ortodosso. Il Patriarcato ha esortato a “non soccombere alle tentazioni del maligno che cerca di seminare discordia nell’ambiente della Chiesa e tenta di utilizzare ogni occasione per seminare il dubbio nei cuori delle persone”. “La Chiesa ortodossa russa e il suo Patriarca - continuano i comunicati- con fermezza e in modo incrollabile sono a guardia della fede ortodossa, sentono la responsabilità del destino della civiltà umana e difendono la loro posizione davanti a ogni difficoltà”.
Il Patriarcato ha poi voluto spiegare che ogni rinuncia al dialogo con i non ortodossi “sarebbe un crimine davanti a Dio, che ha comandato ai suoi apostoli di andare e insegnare a tutte le genti”. “Se gli apostoli fossero rimasti chiusi, evitando qualsiasi contatto con le altre religioni, il Vangelo non sarebbe mai andato oltre i confini del Cenacolo”, si legge nel comunicato che infine ricorda come i due leader spirituali a L’Avana non abbiano partecipato ad alcuna preghiera o liturgia comune e nei colloqui non abbiano affrontato questioni teologiche o canoniche, in quanto l’incontro non aveva lo scopo di superare queste differenze, né è stato preso alcun accordo a riguardo.