Materiale chimico in mare: migliaia di persone senza cibo
di Paul N. Hung

Da un mese emergono decine di migliaia di pesci morti sulle coste centrali del Paese. Il governo non ha ancora dato una risposta sulle cause, ma esperti indipendenti accusano una multinazionale dell’acciaio. Scoperto un tubo subacqueo che da anni inquina la costa. Arcivescovo di Ho Chi Min City: “Preghiamo per i nostri fratelli colpiti dalla tragedia”.

 


Hanoi (AsiaNews) – Da giorni migliaia di persone manifestano in modo pacifico contro l’inefficienza del governo nell’affrontare la moria di pesci che sta mettendo in ginocchio le province centrali del Vietnam e i suoi abitanti, che vivono per lo più delle risorse del mare. Nella capitale Hanoi, ad Ho Chi Minh City e nelle maggiori città del Paese sfilano cortei e i dimostranti urlano slogan come “salvate il nostro mare, salvate i nostri bambini”, “siamo i prossimi a morire per il mare”, “l’inquinamento del mare è la corruzione del governo”.

A partire dal 6 aprile scorso sulle coste del Paese sono comparsi centinaia di migliaia di pesci morti: la causa del decesso è ancora sconosciuta. Le accuse più pesanti, però, sono ricadute su un’azienda taiwanese dell’acciaio, cui viene rimproverato di aver inquinato in modo illegale le acque marine sottocosta.

I danni peggiori si sono registrati nelle province di Hà Tĩnh, Quảng Bình, Quảng Trị e Thừa Thiên-Huế. Da settimane il governo si interroga sulle ragioni del disastro ecologico senza dare una risposta chiara. Molti esperti indipendenti del settore imputano le responsabilità alla compagnia Hưng Nghiệp, con base nella provincia di Hà Tĩnh. Il gruppo dell’acciaio è diretto da uomini d’affari taiwanesi e cinesi sotto la bandiera dell’ex Formosa.

Secondo il quotidiano locale TuoiTre News, un pescatore della provincia Hà Tĩnh ha scoperto un lungo tubo di scarico appartenente alla compagnia che conduce acque inquinate a 17 metri sotto il livello del mare. La Hưng Nghiệp ha ammesso che ogni giorno vengono riversati 12mila metri cubi di liquido tossico. Di recente, inoltre, l’industria ha utilizzato 300 tonnellate di materiale chimico per “raffreddare” i condotti del suo sistema acquifero.

Fondata nel 2012, la Hưng Nghiệp ha ricevuto dal governo vietnamita 2mila ettari di costa e 1200 ettari di spazio marino per costruire le proprie strutture. Per i prossimi 70 anni la compagnia pagherà 4 centesimi di dollaro per metro quadro. I dirigenti hanno portato decine di migliaia di lavoratori cinesi come manodopera.

A causa dell’aria che si respira sulla costa 3mila famiglie hanno dovuto sgomberare la propria casa e i danni coinvolgono almeno 20mila persone. Per paura di intossicazione migliaia di pescatori rimangono a riva e le loro famiglie iniziano a soffrire la fame. Secondo stime non ufficiali l’industria della pesca ha già perso 5 miliardi di Dong (circa 200mila euro).

Lo scorso 30 aprile mons. Paul Bùi Văn Đọc, arcivescovo di Ho Chi Minh City e presidente della Conferenza episcopale vietnamita, ha pubblicato una dichiarazione sul disastro ecologico: “Questa situazione si potrebbe definire una ‘catastrofe ambientale’, come quelle di cui ha parlato il Papa nella sua enciclica Laudato sì”. Il presule ha invitato tutta la cittadinanza ad unirsi in preghiera per i “fratelli delle province centrali, che affrontano una situazione estrema, e partecipiamo alle attività di aiuto della Commissione episcopale Caritas”. Mons. Paul Bùi Văn Đọc ha chiesto a tutti i manifestanti di non avere “un atteggiamento eccessivo”.