Lahore, nuova legge sul divorzio per i cristiani “elimina le discriminazioni” matrimoniali
di Shafique Khokhar

L’Alta corte ha deciso di ripristinare la legge del 1869, emendata nel 1981 dal generale Zia. La modifica permetteva alle coppie cristiane di divorziare solo in caso di adulterio. La legge del 1981 “incatenava” le donne in matrimoni violenti o poligami. I cristiani che volevano sciogliere il matrimonio erano costretti a convertirsi all’islam.


Lahore (AsiaNews) – L’Alta corte di Lahore ha deciso di ripristinare la vecchia legge sul divorzio del 1869 che regolava i matrimoni cristiani prima della modifica effettuata dal generale Zia-ul-Haq nel 1981. La modifica introdotta sotto il regime militare ammetteva il divorzio solo in caso di adulterio ed è stata a lungo criticata da organizzazioni cristiane, che lamentavano discriminazioni rispetto alla popolazione musulmana e chiedevano maggiori tutele per la minoranza cristiana in tema di unioni legali.

Cecil Shane Chaudhary, direttore esecutivo della Commissione nazionale Giustizia e pace della chiesa cattolica pakistana (Ncjp), dice ad AsiaNews: “La possibilità di divorziare anche se non è stato commesso adulterio contribuirà a diminuire le conversioni forzate all’islam, un escamotage che le persone attuavano per poter essere sciolti dal primo matrimonio. Ora le conversioni, se avverranno, saranno autentiche e genuine”.

La decisione dell’organo giudiziario è stata approvata ieri. Il giudice Syed Mansoor Ali Shah ha stabilito di reintrodurre la sezione 7 all’interno del Christian Divorce Act del 1869, una legge che riproponeva usi e costumi britannici e regolamentava la materia dei divorzi e delle separazioni tra le coppie cristiane. Nel 1981 il generale Zia ha emendato la legge in senso restrittivo attraverso un’ordinanza federale, aggiungendo la clausola 10.

Tale norma ha imposto alle coppie di poter divorziare solo in caso di adulterio. Per diversi anni gli attivisti della Ncjp hanno denunciato le discriminazioni contenute nella legge del 1981, che “incatenava” le donne ai loro mariti anche in caso di violenza o poligamia, quando gli uomini si convertivano all’islam e sposavano altre mogli. Gli attivisti non mettevano in discussione la sacralità dell’atto, che per il movimento cristiano resta un principio fermo, quanto piuttosto l’incertezza della norma e i lunghi tempi di attesa per una sentenza.

Peter Jacob, attivista e direttore del Centre for Social Justice (Csj), afferma che la decisione della Corte evidenzia “l’arcaicità delle leggi su matrimonio e divorzio per i cristiani. La sentenza vuole rimuovere una delle ambiguità create in passato e tenta di armonizzare le leggi esistenti in materia di divorzio con la legge del 2015 sulle violenze domestiche e la protezione delle donne”. Il Christian Marriage Act e il Divorce Act, aggiunge, “non prevedono ancora la parità tra i sessi, che può essere raggiunta solo attraverso una nuova legislazione”.

Ata-ur Rehman Saman, insegnante cristiano e coordinatore della Ncjp, accoglie con favore la sentenza, “un buon gesto per la comunità cristiana. Essa ridurrà il volume delle conversioni all’islam tra coloro che vogliono dissolvere il matrimonio cristiano”. L’uomo ricorda inoltre che la Commissione ha pubblicato uno studio in cui richiede di modificare le leggi di famiglia per le minoranze religiose, “in modo da eliminare le sofferenze per la comunità cristiana”.