L’istruzione è del tutto gratuita. Il programma di alfabetizzazione è stato creato nel 2014. Da allora almeno 175 giovani hanno terminato il corso semestrale, che si svolge in cinque centri sparsi delle baraccopoli della città. Fornire un’istruzione significa “accrescere la consapevolezza del proprio ruolo nella società tra le leader femminili”.
Lahore (AsiaNews) – “Le mie ginocchia tremavano quando la prima volta il catechista mi ha chiamato per leggere durante la messa nella chiesa di sant’Antonio. All’inizio ero riluttante, ma poi mi sono sentita più fiduciosa dopo aver parlato di fronte alla folla”. A parlare ad AsiaNews è Sumera Perwaiz, una giovane cattolica di 20 anni, mentre ricorda l’emozione della prima lettura della Bibbia di fronte ad un pubblico di fedeli, dopo che ha imparato a leggere e scrivere. La ragazza ha frequentato i corsi gratuiti della Caritas di Lahore, che istruisce donne cristiane povere e analfabete attraverso la lettura della Bibbia.
Il programma di alfabetizzazione delle donne è stato creato nel 2014 da Caritas Lahore in collaborazione con la Pakistan Bible Society, un’organizzazione protestante che traduce, pubblica e distribuisce copie della Bibbia in Pakistan. Da quando è stato attivato, il progetto ha formato in tutto 175 ragazze, che non avevano mai frequentato la scuola.
Secondo i dati dello studio “Education for All 2015 National Review Report: Pakistan” stilato dal Ministero dell’istruzione pakistano e dall’Unesco, in Pakistan il 42% della popolazione (su un totale di 184 milioni di abitanti) è analfabeta. Nell’accesso all’istruzione, esistono enormi differenze tra le aree rurali (dove risiede il 62% della popolazione) e quelle urbane (38% di residenti) e tra uomini e donne. A livello nazionale, due donne su tre al di sopra dei 15 anni non sanno leggere e scrivere e il 35% delle ragazze non va a scuola. Circa 6,7 milioni di bambini non hanno accesso all’istruzione, di cui la maggior parte di sesso femminile (62%).
Perwaiz riferisce: “Mio padre è davvero severo e contro l’istruzione delle donne. Mi diceva che essa corrompe le nostre menti”. È per questo che lei e altre due sorelle non hanno avuto il permesso di imparare. I due fratelli invece sono andati a scuola, ma hanno abbandonato i corsi alla nona e decima classe. Ora lavorano entrambi come operatori sanitari.
In quanto donna, Perwaiz era destinata ai lavori di casa, fino a quando non ha sentito la notizia di classi di alfabetizzazione che venivano organizzate nella chiesa di Madre Teresa di Charagh Park, una baraccopoli di Lahore. A quel punto si è iscritta e ha imparato a leggere.
Una storia simile è quella di Komal Masih, un’altra ragazza che deve molto all’associazione cattolica. Masih è stata costretta ad abbandonare gli studi quando frequentava la seconda classe (sette anni), perché il padre era rimasto ferito in un incidente. “Non potevamo più sostenere le spese per la scuola – dice con rammarico – ma io ho sempre voluto studiare”. Insieme ad altre 35 compagne, ora frequenta i corsi nel pomeriggio, dopo aver prestato servizio come colf in quattro abitazioni. Grazie alle lezioni gratuite della durata di due ore, sta apprendendo la grammatica urdu (la lingua nazionale pakistana) e nozioni base di matematica.
La Caritas organizza i corsi in cinque diversi centri sparsi in vari “slum” della città. I parroci che ospitano l’insegnamento nei locali della parrocchia contribuiscono finanziando il 30% dei costi, compresi lo stipendio dei docenti e il materiale didattico.
P. Joseph Louis, ex segretario esecutivo dell’ufficio Caritas di Lahore, afferma: “Dobbiamo accrescere la motivazione all’istruzione tra i cristiani poveri. Molte famiglie, persino in grandi città come Lahore, non fanno studiare le proprie figlie. È importante usare il pulpito delle chiese per diffondere la consapevolezza”. Il sacerdote aggiunge che “è una sfida convincere i leader cristiani locali che devono spendere del tempo per radunare le persone”. I risultati però sono evidenti: “Ora alcune ex alunne aiutano gli insegnanti nell’educazione dei giovani. Le lezioni offrono anche la possibilità alle leader femminili di ragionare sullo sviluppo della comunità”.