Mancano ospedali e dottoresse in Kashmir: un bambino su due muore alla nascita

Nella valle di Neelum c’è un solo ambulatorio medico senza attrezzature specialistiche. L’unico dottore visita 17mila pazienti, ma non può toccare le donne. Le gestanti sono costrette a fare ore di viaggio per partorire nell’ospedale più vicino. Spesso sono stremate dai dolori e muoiono. Il territorio è impervio, i dottori non sono incentivati a esercitare la professione nell’area.

 


Islamabad (AsiaNews/Agenzie) – Un bambino ogni due muore il primo giorno di vita o nasce già morto. È quanto avviene nella valle di Neelum nella regione pakistana del Kashmir, un territorio montuoso e impervio, dove mancano medici e attrezzature ospedaliere. In tutta la regione, muoiono o nascono senza vita 54 bambini ogni 1000 nascite. Anche la percentuale dei decessi delle madri è altissima, perché l’unico medico della valle è un uomo e le future mamme non possono essere toccate da maschi estranei alla famiglia. Per questo le gestanti affrontano lunghe ore di viaggio (anche otto) prima di arrivare all’ospedale più vicino, ma spesso vi giungono già stremate dai dolori e non sopravvivono al travaglio.

La valle di Neelum si trova nell’estrema parte settentrionale del Paese, a circa 4mila metri di altezza. La fitta coltre di neve, che ricopre il terreno per buona parte dell’anno, non incentiva l’arrivo di nuovi dottori e rende difficile gli spostamenti delle donne che devono partorire.

Nell’area del villaggio di Sharda vivono circa 17mila abitanti, e l’unico dottore opera in una Basic Health Unit, una sorta di ambulatorio medico senza attrezzature specializzate. A causa della tradizione locale (musulmana) che gli impedisce di visitare le donne in gravidanza e operarle al momento del parto, egli è aiutato da tre “Lady Health Visitors”, cioè donne con qualche erudizione sanitaria, ma prive di una formazione medica, che cercano di diffondere nozioni di base su igiene e salute.

Asmat Nisa, una donna incinta che abita nel villaggio di Arang Kel, già madre di 5 figli, dice: “Abbiamo paura di morire. Qui non c’è un ospedale e non ho mai visto un medico donna”. Farhat Shaheen, direttore del programma Reproductive, Maternal, Newborn, and Child Health (Rmnch) nel Kashmir pakistano, riferisce che la causa maggiore dei decessi materni e infantili è la mancanza di “levatrici istruite e specializzate, che possano assistere le partorienti”.

Secondo uno studio di Save the Children pubblicato nel 2014, il Pakistan presenta una percentuale elevatissima di decessi al momento del parto o bambini nati già morti, cioè il 40,7 ogni 1000 nascite. In Europa, solo 5,9 bambini non sopravvivono nelle prime quattro settimane di vita. Persino l’Afghanistan, lacerato da anni di guerre, ha una percentuale inferiore: 29 ogni 1.000 nati.

Il dott. Sardar Mahmood Ahmed Khan, direttore generale del servizio sanitario della regione del Kashmir, sostiene che un fattore determinante della carenza di medici è l’asperità del territorio e la scarsa elettricità. “La piccole turbine – dichiara – bastano solo per l’illuminazione domestica, ma non per tutto il resto. Anche la Basic Health Union è priva di corrente”.

Il dott. Khan aggiunge che il programma Rmnch lanciato nel 2007 prevede salari maggiori per i medici che decidono di lavorare nelle zone rurali del Kashmir: 80mila rupie (690 euro) al mese per i dottori e 150mila (1.295 euro) per gli specialisti, contro una paga di 65mila (590 euro) e 100mila (863 euro) per quelli che decidono di praticare la professione nelle città.

Nonostante ciò, i medici scarseggiano e i 500 milioni di rupie (4,3 milioni di euro) stanziati per il programma si sono esauriti all’inizio di quest’anno. In tutta la regione del Kashmir, abitata da 4,4 milioni di persone, lavorano appena 1.050 dottori. Nell’area esistono 758 presidi medici (tra cliniche, ospedali, ambulatori), dove operano 3mila Lady Health Visitors.