Hanoi piazza un nuovo sistema difensivo sulle isole contese nel mar Cinese meridionale

I missili potrebbero colpire postazioni e installazioni cinesi nella regione. Una risposta alla politica imperialista di Pechino nei mari. Per gli esperti aumenta il rischio di “militarizzazione” dell’area. Tensioni anche nel mar Cinese orientale fra Pechino e Tokyo. Il Giappone denuncia una serie di sconfinamenti di imbarcazioni cinesi. 


Hanoi (AsiaNews/Agenzie) - Il Vietnam ha rafforzato le misure difensive sulle isole nelle acque contese del mar Cinese meridionale. Nel silenzio dei media e degli organi ufficiali, i vertici della difesa hanno piazzato nuovi razzi e missili difensivi sulle coste; alcuni di questi vettori sarebbero in grado di colpire le piste e le installazioni militari della Cina, in un’area strategica per il commercio e la navigazione marittima. 

Fonti dell’intelligence e della diplomazia riferiscono che negli ultimi mesi Hanoi ha trasferito dal continente diversi lanciarazzi, piazzandoli su cinque atolli delle isole Spratly. Una mossa, secondo gli esperti, destinata a innalzare la tensione con l’ex alleato (comunista) cinese. 

I lanciarazzi sarebbero stati dislocati in aree inaccessibili alla sorveglianza aerea e devono ancora essere armati di missili. Tuttavia, in meno di tre giorni essi potrebbero diventare operativi grazie anche all’ingente acquisto di missili “EXTRA” di fabbricazione israeliana, assai efficaci nella difesa delle coste e nell’intercettare mezzi nemici in movimento. 

Interpellato sulla vicenda il ministero vietnamita degli Esteri ha parlato di informazioni “inaccurate”, senza peraltro elaborare il concetto. Nel giugno scorso il vice-ministro Nguyen Chi Vinh aveva affermato che è “nostro diritto legittimo muovere armi o mezzi in chiave difensiva” nel contesto della “sovranità nazionale”. 

Le installazioni missilistiche vietnamite sono una risposta alla politica imperialista adottata negli ultimi anni da Pechino nei mari della regione Asia-Pacifico. Una vertenza finita in tribunale in seguito a un arbitrato promosso dalle Filippine e che ha giudicato “prive di alcun diritto” le rivendicazioni cinesi nell’area. Fra le altre ragioni che hanno spinto Hanoi a ripensare il sistema difensivo, il timore che il verdetto possa innalzare ancor più le tensioni nel mar Cinese meridionale. 

Tuttavia, secondo diversi analisti Pechino non resterà inerte di fronte alla mossa sferrata dai vietnamiti. Carl Thayer, esperto di Vietnam presso le Forze armate australiane, sottolinea che “la Cina non valuterà la decisione come puramente difensiva, segnando un nuovo livello nel processo di militarizzazione delle Spratlys”. 

Le dispute rischiano di deteriorare i rapporti bilaterali e multilaterali fra la Cina e le nazioni dell’area, oltre che mettere in crisi l’unità del blocco Asean (Associazione che riunisce 10 Paesi del Sud-est asiatico). Esso è formato da nazioni che si oppongono alla politica cinese (Vietnam), altre che cercano di rilanciare i rapporti (vedi le Filippine, post arbitrato), oltre che alleati storici di Pechino come Laos e Cambogia. Il 24 luglio scorso il vertice dei ministri degli Esteri Asean si è concluso senza menzionare la decisone dell’arbitrato e più di un esperto mette in dubbio la nascita nel concreto di un movimento unitario anche a causa della politica “divide et impera” della Cina nella regione. 

Intanto si registrano tensioni anche nel mar Cinese orientale fra Tokyo e Pechino, con il governo giapponese che punta il dito contro la marina cinese, accusata di aver sconfinato a più riprese nelle acque territoriali nipponiche. Il ministro giapponese degli Esteri lancia un avvertimento a Pechino, le cui azioni starebbero “deteriorando in modo significativo” le relazioni fra i due Paesi. 

Al centro della controversia i continui sconfinamenti di imbarcazioni della marina cinese nelle isole contese - le Senkaku per il Giappone, Diaoyu in Cina - del mare Orientale.

Nei giorni scorsi il ministro Fumio Kishida avrebbe convocato l’ambasciatore di Pechino per protestare contro quelle che definisce “incursioni” territoriali. Il 5 agosto 230 fra pescherecci e mezzi della guardia costiera cinese avrebbero navigato attorno agli atolli rivendicati da entrambi i Paesi. L’8 agosto altre 13 imbarcazioni cinesi, alcune delle quali armate, sono state avvistante nelle acque che circondano gli atolli. “Non possiamo accettare - ha concluso il ministro Kishida - che [la Cina] prenda queste azioni che possano innalzare in modo unilaterale la tensione”.