Mons. Marcuzzo, pellegrinaggi strumento della Nuova evangelizzazione

Per il vicario patriarcale di Gerusalemme il viaggio sulle orme di Cristo è fonte di “rinascita della fede”. Un elemento essenziale Europa e Nord America, dove è in atto una crisi della religione. La crescita dei pellegrini cinesi e vietnamiti, che colgono “lo stupore della fede”. Israele limita gli ingressi agli arabi cristiani, soprattutto dalla Giordania. Il pellegrinaggio proposto da AsiaNews.

 


Gerusalemme (AsiaNews) - Il pellegrinaggio è un “mezzo della Nuova evangelizzazione”, perché attraverso il viaggio nei luoghi sacri e sulle orme di Cristo è possibile una “rinascita della fede”. Chi lo compie scopre di aver “ricevuto una chiamata da Dio, una vocazione, una mozione dello Spirito”, che diventa oggi essenziale per l’Europa e l’Occidente in generale, in cui è in atto “una crisi profonda del cristianesimo e della religione in generale”.  È quanto dice ad AsiaNews mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale di Gerusalemme, secondo il quale il pellegrinaggio racchiude “il senso teologico della Bibbia, condiviso anche da musulmani ed ebrei”. Esso è una “rinascita” e una “riscoperta” delle proprie origini, per “capire i luoghi in cui siamo nati alla fede”.

“Molti pellegrini - racconta il vescovo - ci dicono che il viaggio li ha cambiati, ha aiutato a vedere la vita sotto l’aspetto biblico. Il pellegrinaggio è anche fonte di vocazioni, parte della riscoperta della fede e della chiamata a Dio”. Tuttavia, questo percorso “ha bisogno di un accompagnatore”. I pellegrinaggi “sono costruttivi”, sottolinea mons. Marcuzzo, se sono “ben preparati all’inizio” e se “hanno un seguito, se vi sono occasioni, anche guidate, per riflettere sull’esperienza vissuta”.

I pellegrinaggi oltre che un cammino di ricerca e scoperta sono anche una risorsa essenziale per le popolazioni cristiane di Terra Santa. Secondo recenti statistiche almeno il 30% della locale comunità - a Gerusalemme e Betlemme - vive e opera nell’industria del turismo religioso. Il calo nei pellegrinaggi registrato negli ultimi anni produce contraccolpi gravissimi anche all’economia e alla sopravvivenza dei cristiani della zona.

Quando vi sono pellegrinaggi, spiega Sobhy Makhoul, cancelliere del Patriarcato maronita a Gerusalemme, “almeno quel 30% lavora normalmente. Quando vi è crisi di pellegrinaggi, quel 30% è esposto alla disoccupazione e dunque, direttamente o indirettamente, all’emigrazione”. E quest’anno si è registrato “il 70% in meno dei visitatori rispetto al passato”. Un anno “a dir poco magro”, e sono molteplici i fattori che lo hanno determinato: la questione sicurezza, gli attentati, l’economia che annaspa e la crisi religiosa, che colpisce soprattutto l’Europa. “Il trend resta ridotto - conferma mons. Marcuzzo - e proprio questi giorni, per tradizione i migliori dell’anno per un viaggio in Terra Santa, confermano la crisi. Certo, vi è una piccola ripresa, ma il dato è di gran lunga distante rispetto ai ritmi degli anni scorsi”.

Fra le ragioni l’aspetto economico, l’elemento della sicurezza e i timori (“infondati”, tiene a precisare il prelato) di attentati, cui si unisce il progressivo allontanamento dalla religione in atto in alcuni Paesi o continenti (l’Europa su tutti, ma anche il Nord America). “L’Europa non crede più ai pellegrinaggi - racconta il vicario patriarcale di Gerusalemme - al massimo si compie un bel viaggio a sfondo religioso. Ma così si viene a perdere il significato vero e più profondo”. Condiviso anche da ebrei e musulmani, il pellegrinaggio “è un percorso di rinascita, perché porta nei luoghi in cui siamo nati alla fede, ed è una riscoperta della comunità di origine, perché qui vi sono gli eredi diretti che portano una memoria collettiva e vivente di Gesù”.

Alla crisi dei pellegrini dall’Europa - fatta eccezione per la Polonia, dove il numero sembra tenere - risponde la crescita significativa fra i fedeli del continente asiatico: filippini, giapponesi, coreani, ma anche cinesi e vietnamiti. “In particolare, per i fedeli cinesi - racconta il prelato - il percorso di riscoperta diventa ancora più forte e intenso. Per loro tutto è nuovo, a differenza del cittadino europeo che è più abituato alle narrazioni e agli ambienti descritti nella Bibbia. Per il cinese e il vietnamita è una vera scoperta, con un atteggiamento di ringraziamento… nei loro volti si legge lo stupore della fede, dell’elemento dell’incarnazione. Qui il pellegrino orientale scopre l’elemento umano che è nel divino e il divino che entra nell’essere umano. E questo suscita interrogativi, ripensamenti, meraviglia…”.

Tuttavia, non vi sono solo ostacoli di natura economica o religiosa a limitare il numero dei pellegrinaggi. “Per alcuni arabi cristiani - spiega mons. Marcuzzo - vi sono problemi al momento dell’ingresso in Israele. La Giordania è un esempio: nei gruppi di pellegrini, metà delle persone riceve il visto di ingresso, l’altra metà viene respinta senza apparenti motivi. Accettano il padre, ma non la madre, il figlio ma non il fratello… Ultimamente un gruppo di otto nuovi diaconi giordani voleva fare un ritiro di preghiera in Terra Santa, ma ha dovuto desistere perché due di loro si sono visti respingere il visto”.

Si vocifera di “questioni legate alla sicurezza”, ma sono risibili perché “i nostri cristiani non sono coinvolti in problematiche legate al terrorismo, a fatti di sangue, a proteste”. E lo stesso avviene, conclude il vicario patriarcale di Gerusalemme, anche “per i cristiani dell’Egitto, anche se negli ultimi tempi è lo stesso governo del Cairo a sconsigliare i pellegrinaggi per motivi interni”.

Rispondendo agli appelli delle personalità della Chiesa della regione, AsiaNews ha deciso di offrire di nuovo ai suoi lettori l’occasione di un pellegrinaggio in Terra Santa, in compagnia di p. Bernardo Cervellera e di alcune guide specializzate della regione.

La partenza è prevista per il 28 ottobre, rientro il 4 novembre 2016. Vi sono ancora alcuni posti disponibili. Per ulteriori dettagli clicca qui.(DS)