Offensiva di Mosul: un "campo di sterminio" dello Stato islamico

Una fossa con 100 cadaveri decapitati si trova all’interno di una scuola agricola a 30 km a sud della roccaforte del Califfato. I soldati hanno fatto la scoperta attirati dal forte odore.  Nella ritirata giustiziato anche un bambino di un anno. 

 


Baghdad (AsiaNews/Agenzie) - Esperti irakeni di medicina legale hanno avviato le indagini dopo il ritrovamento di una fossa comune nei pressi di Mosul, roccaforte dello Stato islamico nel nord del Paese, obiettivo dell’offensiva lanciata il 17 ottobre scorso dall’esercito e dai Peshmerga curdi. La scoperta è stata fatta dalle truppe in avanzamento verso la città, seconda per importanza dell’Iraq. 

Fonti militari riferiscono che la fossa comune si trova nei giardini di una scuola agricola della cittadina di Hamam al-Alil. Al suo interno vi sarebbero un centinaio di corpi decapitati, ridotti a scheletri; per questo appare difficili l’individuazione delle vittime.  

Già in passato le milizie di Daesh [acronimo arabo per lo Stato islamico, SI] si sono macchiate di crimini efferati, fra cui omicidi di massa e sepoltura dei corpi in fosse comuni. 

I soldati hanno individuato la fossa ad Hamam al-Alil attirati dal forte odore che si avvertiva durante le fasi di avanzamento verso la città, che si trova circa 30 km a sud di Mosul. Testimoni oculari riferiscono che la fossa è localizzata “in un’area incolta” e “assomiglia a una discarica”. 

Secondo gli esperti la zona è disseminata di mine anti-uomo piazzate nel terreno dai jihadisti prima della fuga; per questo le operazioni di recupero dei corpi e l’analisi dell’area procede con estrema lentezza e cautela. 

Secondo quanto riferisce Abdul Rahman al-Wagga, membro del consiglio provinciale di Ninive, i miliziani dello SI usavano la scuola agricola come “campo di sterminio”; al suo interno sarebbero morte centinaia di persone nei giorni che hanno preceduto l’ingresso dell’esercito irakeno.

“Torturavano le vittime - aggiunge il membro del consiglio - e poi le conducevano all’esterno, nell’area agricola, dove le ammazzavano a colpi di pistola o sgozzandoli”. Tarik, studente di ingegneria, racconta la tecnica utilizzata dai miliziani per stanare le persone che si erano nascoste. “Infilavano delle uniformi e si facevano passare per soldati irakeni. Quando i civili uscivano dai nascondigli per accoglierli - spiega - li giustiziavano. Anche un bambino di un anno, gli hanno piazzato una pallottola in testa”. 

Dall’inizio dell’offensiva per la riconquista di Mosul, le Nazioni Unite hanno ricevute diversi rapporti contenenti denunce di nuove atrocità commesse dai jihadisti. L’Alto commissariato Onu per i diritti umani riferisce dell’uccisione, avvenuta il mese scorso, di 50 ex poliziotti avvenuta proprio nella cittadina di Hamam al-Alil.

Inoltre, almeno 1500 famiglie della zona sarebbero state trasferite da Daesh all’aeroporto di Mosul, da utilizzare come scudi umani contro possibili attacchi aerei o di terra della coalizione.