Mosca e Pechino bloccano la risoluzione Onu per la tregua ad Aleppo

Secondo la Russia il documento viola una delle regole del Consiglio di sicurezza. Replica degli Stati Uniti, che parlano di “alibi preconfezionati”. Peggiora la situazione umanitaria nel quartieri controllati dall’opposizione. Per i ribelli è “inaccettabile” ogni offerta di evacuazione. Il Congresso Usa vota per fornire al fronte anti-Assad missili anti-aerei. 

 


Aleppo (AsiaNews/Agenzie) - Mosca e Pechino hanno posto il veto a una risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu, che invocava un cessate il fuoco di sette giorni ad Aleppo, teatro dell’offensiva dell’esercito governativo che rischia di trasformare la città in un “gigantesco cimitero”. Secondo la Russia il documento viola una delle regole del consiglio, che concede almeno 24 ore a ciascun Paese membro per analizzarne il contenuto ed esprimere il giudizio finale. 

Secca la replica degli Stati Uniti, secondo cui queste affermazioni sono “alibi preconfezionati” per mantenere le conquiste militari sul campo di queste settimane; e, nell’immediato futuro, favorire la ripresa del controllo di tutta la città, che potrebbe avvenire entro poche settimane. 

Fonti locali riferiscono che i soldati lealisti avrebbero ripreso circa il 70% delle aree finora in mani ai ribelli. Al momento vi sarebbero circa 100mila persone sotto assedio nei distretti ancora comandati da milizie ribelli e gruppi jihadisti. Nell’area la situazione umanitaria si fa sempre più critica; mancano cibo, generi di prima necessità, le scorse sono pressoché esaurite e non risultano ospedali o cliniche funzionanti per garantire cure mediche. 

Prima della guerra Aleppo era la seconda città per importanza della Siria, oltre che il suo principale motore economico e commerciale. Dal 2012 è divisa in due settori: occidentale, dove vivono 1,2 milioni di persone, sotto il controllo del governo; la zona orientale, circa 250mila persone, nelle mani delle milizie ribelli e di gruppi jihadisti.

La risoluzione votata ieri dal Consiglio di sicurezza - e bocciata da Russia e Cina, entrambe con diritto di veto - è stata presentata da Egitto, Nuova Zelanda e Spagna. Anche il Venezuela ha espresso voto contrario, mentre l’Angola si è astenuto. Voto favorevole dagli altri 11 Stati membri. 

Il documento chiedeva la sospensione temporanea dei bombardamenti, per consentire l’ingresso degli aiuti ad Aleppo est. Secondo Mosca una sospensione sarà possibile solo dopo che si sarà tenuto un vertice fra esperti militari russi e statunitensi, in programma oggi o domani a Ginevra, in Svizzera. Inoltre, il Cremlino non intende fornire ai ribelli il tempo di riorganizzarsi - e riarmarsi - dopo le pesanti sconfitte militari dell’ultimo periodo. 

Gruppi ribelli e miliziani ad Aleppo est respingono ancora una volta la proposta di “ritirata sicura” da Aleppo. Yasser al-Youssef, leader della fazione Nureddine al-Zinki, ha definito questa prospettiva “inaccettabile”. E ha aggiunto che “sono i russi che devono andarsene”.

La perdita della metropoli settentrionale rappresenterebbe la più importante sconfitta per i ribelli dall’inizio del conflitto siriano, nel marzo 2011. Fonti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, ong con base a Londra e una rete di informatori sul territorio, aggiungono che dall’inizio dell’offensiva sono morte 324 persone, di cui 44 bambini. 

Infine, nei giorni scorsi il Congresso americano ha concesso - per la prima volta in maniera esplicita - il via libera alla fornitura di missili anti-aerei ai ribelli siriani. Un voto voluto con forza dai falchi per costringere la nuova amministrazione Trump, che si insedia a gennaio, a proseguire il sostegno alle milizie anti-Assad e far precipitare i rapporti con la Russia, che il futuro inquilino della Casa Bianca intende invece rilanciare. E trasformare il conflitto in uno scontro aperto fra le due superpotenze.