All’udienza in occasione dell’apertura dell’anno giuridico in Vaticano, papa Francesco chiede maggior impegno nel preparare le coppie al matrimonio per maturare in “amore e verità”. L’importanza di non lasciare sole le giovani coppie, ma di “accogliere, accompagnare e aiutare”. Superare il formalismo giuridico per una catechesi che faccia comprendere la fede e il valore del consenso. “Le insidie rovinose della cultura dominante dell’effimero e del provvisorio”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – “Occorre grande coraggio a sposarsi nel tempo in cui viviamo. E quanti hanno la forza e la gioia di compiere questo passo importante devono sentire accanto a loro l’affetto e la vicinanza concreta della Chiesa”. L’ha detto papa Francesco ai membri della Rota romana nell’udienza a loro concessa in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario in Vaticano.
La preoccupazione del pontefice è che senza un rafforzamento nella fede da parte degli sposi prima e dopo il matrimonio, si rischia un “amore senza verità” che crea un “moltiplicarsi di celebrazioni matrimoniali nulle o inconsistenti”.
Citando papa Benedetto XVI nella “Lumen Fidei”, Francesco ha affermato che “se l’amore non ha rapporto con la verità, è soggetto al mutare dei sentimenti e non supera la prova del tempo”. La presenza di un contesto sociale ”carente di valori religiosi e di fede, non può che condizionare anche il consenso matrimoniale”.
Per questo, il pontefice suggerisce due “rimedi”. Il primo è la formazione dei giovani che si preparano al matrimonio, per “aiutare i futuri sposi a cogliere e gustare la grazia, la bellezza e la gioia del vero amore, salvato e redento da Gesù”. Si tratta, ha detto, di “un tempo favorevole per rinnovare il proprio incontro con la persona di Gesù Cristo, con il messaggio del Vangelo e con la dottrina della Chiesa”. Esso è un “momento particolare, caratterizzato spesso anche dalla disponibilità a rivedere e a cambiare l’orientamento dell’esistenza”.
È una “occasione di evangelizzazione degli adulti e, spesso, dei cosiddetti lontani” e “una straordinaria occasione di missione” per tutta la comunità cristiana.
Il secondo rimedio è “di aiutare i novelli sposi a proseguire il cammino nella fede e nella Chiesa anche dopo la celebrazione del matrimonio”. Occorre aiutare le nuove coppie a percepire la fede nella vita quotidiana, a scoprire che la loro unità ha la “fonte ultima nel mistero della Trinità” e che “Dio non viene mai meno all’impegno che ha assunto con gli sposi nel giorno delle nozze”.
“Spesso – ha aggiunto - i giovani sposi vengono lasciati a sé stessi, magari per il semplice fatto che si fanno vedere meno in parrocchia; ciò avviene soprattutto con la nascita dei bambini. Ma è proprio in questi primi momenti della vita familiare che occorre garantire maggiore vicinanza e un forte sostegno spirituale, anche nell’opera educativa dei figli, nei confronti dei quali sono i primi testimoni e portatori del dono della fede”. Il compito della comunità cristiana è di “accogliere, accompagnare e aiutare le giovani coppie”, anche con “gruppi di riferimento nei quali poter compiere un cammino di formazione permanente”.
Per tutto questo è necessaria la presenza di “persone con specifica competenza e adeguatamente preparate a tale servizio, in una opportuna sinergia fra sacerdoti e coppie di sposi”. Ma è anche necessario cambiare mentalità, mettendo in relazione “foedus e fides”: “Si tratta di passare da una visione prettamente giuridica e formale della preparazione dei futuri sposi, a una fondazione sacramentale” che dall’inizio porti le coppie a maturare il loro foedus-consenso pieno.
“Lo Spirito Santo che guida sempre e in tutto il Popolo santo di Dio, assista e sostenga quanti, sacerdoti e laici, si impegnano e si impegneranno in questo campo, affinché non perdano mai lo slancio e il coraggio di adoperarsi per la bellezza delle famiglie cristiane, nonostante le insidie rovinose della cultura dominante dell’effimero e del provvisorio”.