Myanmar, cardinale birmano: l’alba di speranza offuscata da violenze etniche e confessionali
di Card. Charles Maung Bo

In una lettera ai fedeli l’arcivescovo di Yangon ricorda che il Paese ha bisogno di cure, non di nuove ferite. Le violenze anti-Rohingya nello di Rakhine, gli attacchi contro i civili Kachin e Shan, l’omicidio dell’avvocato musulmano sono “campanelli di allarme”. L’appello al governo e alla comunità internazionale: lavorare insieme per la pace.

 


Yangon (AsiaNews) - I “cambiamenti positivi” che ha sperimentato il Myanmar in questi ultimi anni, definiti a più riprese “un’alba di speranza”, potrebbero diventare una “vana” speranza; i “mercanti di odio” sono in piena attività, le violenze e gli abusi contro esponenti di “altre razze e religioni si stanno intensificando” fino a toccare un “livello allarmante”. È quanto afferma in una lettera pastorale il cardinale birmano Charles Bo, arcivescovo di Yangon, che condanna gli episodi di violenze che hanno riempito le cronache delle ultime settimane in Myanmar. 

Dalle violenze persistenti nello Stato occidentale di Rakhine contro i musulmani Rohongya all’arresto di due cristiani Kachin nel nord, passando per l’uccisione di un avvocato musulmano e consigliere di Aung San Suu Kyi, sono molti casi che riportano alla mente i decenni bui del passato. Da qui l’appello al governo di Naypyidaw e alla comunità internazionale a mantenere alta la vigilanza, perché “la violenza contro le persone non è accettabile”. “Continuiamo il pellegrinaggio in direzione della pace - conclude il porporato - e non torniamo indietro, ai tempi delle guerre”. 

Ecco, di seguito, il messaggio del card. Bo, inviato per conoscenza ad AsiaNews:

Il Myanmar sta attraversando uno dei più tragici momenti della sua storia. Con le braccia conserte ci appelliamo a tutti: pensate a curare, non a procurare nuove ferite. Gli abitanti del Myanmar sono profondamente rattristati da quello che sembra essere il triste ritorno dei giorni più bui. Il Paese ha bisogno dell’attenzione mondiale per rafforzare il suo fragile percorso di democrazia.

Tre eventi principali affliggono i cittadini del Myanmar. Il rapporto pubblicato il 3 febbraio scorso dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Unhchr) è straziante e molto inquietante. Le Nazioni Unite segnalano brutalità e altre gravi violazioni dei diritti umani compiute dalle forze di sicurezza del Myanmar in un’area a nord di Mungdaw, cittadina dello Stato settentrionale di Rakhine. L’Alto commissariato Onu raffigura uno scenario così ampio di crudeltà e barbarie, che sembra difficile da leggere e da credere.

Nel corso degli ultimi cinque anni, il Myanmar ha registrato molti cambiamenti positivi ed è diventato un Paese più aperto. Gli uomini e le donne del mio Paese credono che sia un’alba di speranza. L’apertura dell’economia e dei media, una democrazia funzionante, un trasferimento di poteri avvenuto in totale tranquillità hanno fatto pensare a un nuovo Myanmar di speranze e sogni.

Preghiamo ardentemente affinché questa non si riveli una falsa alba. I mercanti di odio sono in piena attività. L’odio verso le persone di etnie e religioni diverse ha raggiunto livelli davvero allarmanti. Quello che è accaduto nello Stato di Rakhine deve essere fermato una volta per tutte.

La situazione negli Stati settentrionali Kachin e Shan mi preoccupa nella stessa misura, soprattutto a seguito dell’arresto di due pastori cristiani Kachin, Nawang Latt e Gam Seng avvenuto a Mong Ko dopo il bombardamento di una chiesa cattolica. Prego per il loro processo di domani, affinché giustizia venga fatta ed essi vengano rilasciati. Prego anche per le migliaia di sfollati, dispersi a causa delle recenti offensive militari nel nord del Paese.

Il tragico assassinio di U Ko Ni, avvenuto solo la scorsa settimana è stato un altro passo indietro per il Myanmar e un duro colpo per le nostre speranze di democrazia e di pace. Ho inviato le mie profonde condoglianze e le mie preghiere alla sua famiglia, ai suoi amici e a tutti coloro con cui ha lavorato, che portano avanti i suoi coraggiosi sforzi per procedere verso la riforma costituzionale di cui il Paese ha tanto bisogno.

Mi appello al governo del Myanmar perché esso ponga fine all’offensiva contro i civili nello Stato di Rakhine. La pace è possibile solo attraverso la giustizia, e questo è il solo modo per ottenerla.

Mi appello al governo del Myanmar perché esso ponga fine agli attacchi dei militari negli Stati Kachin e Shan, nel nord.

Mi appello al governo del Myanmar perché permetta l’accesso senza ostacoli a tutte le parti negli Stati Rakhine, Kachin e Shan, per le agenzie umanitarie internazionali, i media e gli osservatori dei diritti umani.

Mi appello al governo del Myanmar perché collabori con la comunità internazionale e compia indagini sui crimini segnalati dalle Nazioni Unite, in modo davvero indipendente e che si traduca in giustizia e punizione dei colpevoli.

Chiedo alla comunità internazionale di essere vigile. Avete accolto con favore i cambiamenti positivi. I cittadini del Myanmar cercano cambiamenti pacifici e positivi. I mercanti di odio, che vivono incitando alla violenza, mettendo i fratelli gli uni contro gli altri, sono di nuovo attivi. Il Paese ha bisogno della comunità mondiale e del suo sostegno all’attuale governo democratico, con la chiara comprensione che la violenza contro qualunque popolo è inaccettabile.

Offro le mie preghiere e la mia solidarietà a ogni abitante del Myanmar – soprattutto negli Stati Rakhine, Kachin e Shan – a quanti sono in lutto, vulnerabili, terrorizzati, senza una casa, affamati, malati e a tutti gli orfani, le vedove e alle vittime di abusi sessuali e torture.

Lasciate che il devastante rapporto delle Nazioni Unite serva a tutti noi come campanello d’allarme.

Lavoriamo insieme per fermare la violenza e il terrore nel nostro Paese, per costruire un Myanmar in cui ogni uomo, donna e bambino di ogni etnia o religione nato in questa terra sia riconosciuto sia come nostro concittadino, sia come nostro fratello o sorella. Costruiamo insieme un Myanmar dove la speranza non sia un illusione, dove sia possibile unire le mani in pace e solidarietà, senza badare all’etnia o alla religione. Prometto di rinnovare i miei sforzi per questa causa, e tendo la mia mano a ogni fratello o sorella di ogni etnia o religione che voglia unirsi a me. La pace insieme alla giustizia sono possibili. Il 2017 è stato dichiarato un anno di pace per la Chiesa Cattolica.

Continuiamo il pellegrinaggio verso la pace, non verso la guerra.