Anche l’occidente contribuisce al massacro dei cristiani e della speranza del Medio oriente
di Bernardo Cervellera

I cliché del conflitto delle civilizzazioni e delle guerre di religione. L’obbiettivo di Daesh sono i cristiani, ma anche la convivenza fra cristiani e musulmani. Gli sforzi di al Sisi per la piena cittadinanza dei cristiani in Egitto. Al Azhar e la condanna del fondamentalismo. L’occidente vende armi al Medio oriente, che vanno a finire in mano allo Stato islamico. Ripensare a tutto il discorso di Benedetto XVI a Regensburg.


Roma (AsiaNews) - All’indomani della domenica delle Palme insanguinate in Egitto, diversi commenti ricalcano i cliché alla moda: esiste un aperto conflitto delle civilizzazioni, è in atto una guerra religiosa fra musulmani e cristiani.

Queste letture hanno qualcosa di vero. Non passa giorno senza vedere che alcune comunità islamiche resistono anche con la forza alla modernizzazione portata dal mondo occidentale nel modo di vestire, di usare il tempo, nel modo di educare. E non passa giorno – e in Egitto la cosa vale ormai da anni – senza che vi siano uccisioni di cristiani per mano di fondamentalisti islamici che bollano questi fedeli come “miscredenti” e perciò degni solo di essere o convertiti o eliminati. A buttare benzina sul fuoco, Daesh (lo Stato islamico) da tempo ha decretato lo sradicamento dei cristiani dal Medio oriente per il loro potere “inquinante” verso la cultura araba.

Ma partire da qui per esigere con urgenza una nuova crociata, è un passo falso. Anzitutto perché negli attentati contro i cristiani si trovano spesso anche musulmani. E sono musulmani pure molte delle persone che da ieri donano il sangue per salvare la vita dei feriti nei due attentati alle chiese di Tanta ed Alessandria. Soprattutto, non si tiene conto che l’obbiettivo di Daesh non sono semplicemente i cristiani, ma la loro tensione a far crescere la convivenza coi musulmani. Da tempo l’ex generale al Sisi preme per una società egiziana in cui cristiani e musulmani abbiano stessi diritti e stessi doveri; in cui le procedure per costruire chiese e moschee siano le stesse; in cui vi siano stesse possibilità di carriera nella società e nell’esercito per i fedeli delle due religioni. Un successo di al Sisi in questo campo sarebbe una rivoluzione nel mondo arabo, data l’importanza dell’Egitto, dal punto di vista numerico e culturale.

L’influenza di al Sisi è tale che perfino l’università di Al Azhar, spesso divisa fra modernità e dipendenza dai finanziamenti sauditi, si sta muovendo per condannare l’interpretazione letteralista del Corano, alla base di Daesh e di tutto il wahhabismo saudita.

I cliché che abbiamo citato, se hanno qualcosa di vero, non tengono conto di tanti fermenti positivi nel mondo islamico e medio-orientale. Ma soprattutto nascondono un fatto: le responsabilità del mondo occidentale. Condannare Daesh, condannare l’islam fondamentalista non è ancora tutta la verità. Ieri papa Francesco all’Angelus, ricevendo la notizia dell’attentato alla chiesa di Tanta, ha espresso il suo “profondo cordoglio” al “caro fratello, Sua Santità Papa Tawadros II, alla Chiesa Copta e a tutta la cara nazione egiziana” e ha aggiunto: “Il Signore converta il cuore delle persone che seminano terrore, violenza e morte, e anche il cuore di quelli che fanno e trafficano le armi”.  Se non vogliamo manipolare le parole del papa, dobbiamo ricordare che il mondo occidentale sta cercando di risanare la sua economia scricchiolante proprio attraverso le vendite di armi a Paesi che in un modo o nell’altro sono responsabili dei massacri dei cristiani.

Secondo i dati 2016 del Sipri (Stockholm International Peace Research Institute), ad oggi i maggiori Paesi esportatori di armi sono Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Germania. Essi rappresentano il 74% del volume totale di esportazioni nel mondo. Almeno la metà dei loro prodotti bellici sono stati destinati ai Paesi del Medio Oriente. Nel 2015, l’Arabia saudita ha registrato un incremento del 275% delle importazioni di armi rispetto al 2006-2010; il Qatar un incremento del 279%. Entrambi questi due Paesi – insieme ad altri – sono noti per il loro sostegno alla “ribellione” ad Assad e quindi ad al Qaeda e Daesh.

C’è perciò una responsabilità dell’occidente anche nelle uccisioni dei cristiani e lo scandalo per quanto fa Daesh rimane un po’ farisaico se non si sostiene il dialogo culturale e sociale fra cristiani e musulmani e si pone freno all’escalation delle armi in Medio oriente.

Molti interlocutori continuano a citare il discorso di Benedetto XVI a Regensburg, quando il pontefice ha suggerito al mondo islamico di fare i conti con la ragione e la violenza. Ma dimenticano che la maggior parte di quel discorso era indirizzato all’occidente che disprezzando la ragione religiosa, si è rinchiuso in un modello materialista, dove contano solo i numeri e i soldi. Anche quelli delle armi.