In una nota condivisa con i vescovi irakeni mar Sako traccia le prospettive della piana dopo le devastazioni dello Stato islamico. Alle popolazioni indigene della regione il compito di ricostruire a livello politico, sociale e umano. L’impegno comune di cristiani e musulmani per la convivenza secondo i principi di cittadinanza e stato di diritto. Fine delle ingerenze esterne e straniere.
Baghdad (AsiaNews) - Si fa un gran parlare del futuro delle cittadine della piana di Ninive, prima e dopo lo Stato islamico (SI, ex Isis). Una parte di queste discussioni è logica e comprensibile, mentre altre sono solo sogni o desideri che non potranno mai diventare realtà. Di seguito vorrei sottoporre alla vostra attenzione l’opinione della Chiesa irakena in merito a questo argomento di estrema importanza.
Chi ha diritto di parlare del futuro della piana di Ninive?
La domanda è giusta e merita una risposta coerente; e a nostro avviso, questa risposta logica si riassume nei punti sottostanti:
- Quanti hanno pieno diritto di parlare del futuro della piana di Ninive sono soprattutto le popolazioni indigene della regione, per le quali resta in sospeso la domanda se vi sono partiti politici unitari che rappresentano per davvero i loro interessi e le loro aspirazioni. Per quanto possiamo apprezzare lo sforzo di quanti non sono della regione o che vivono da anni nei Paesi della diaspora, e al netto delle sofferenze che hanno patito e che patiscono ancora oggi, costoro non possono parlare del futuro di questa regione. Questi ultimi sono lontani dal capire le sfumature della situazione attuale e quale sia la vera posta in palio. Essi non hanno diritto di parlare delle preoccupazioni degli abitanti della regione. Di contro, costoro sono incoraggiati - ciascuno secondo le proprie capacità - ad aiutare la popolazione indigena a riparare le proprie case. Ad oggi, la Chiesa è l’unica entità in campo attiva nella ricostruzione.
- A nostro avviso solo le popolazioni della piana di Ninive sono preposte alla stesura di una mappa della regione, insieme ai loro vicini musulmani e non musulmani. Questa mappa dovrebbe essere fattibile e ben lontana dagli interessi o dalle agende delle potenze straniere o di persone che perseguono solo i propri interessi personali, spesso meschini e poco lungimiranti.
- Il modo in cui questa materia verrà affrontata è una questione assai delicata, distaccandosi dalla situazione dei cristiani che resta critica e delicata, perché ad oggi la maggior parte delle persone che un tempo animavano la piana di Ninive risultano sfollate. E le loro case sono state demolite o bruciate, le infrastrutture pressoché cancellate. Tutto questo ha spinto molte di queste famiglie a lasciare il Paese.
- Oggi è più necessario che mai per le popolazioni della piana di Ninive, e per i cristiani in generale, di rafforzare la loro unità, mettere da parte gli inutili conflitti, creare una atmosfera rilassata e salutare, che favorisca la discussione, il dialogo, la riflessione per promuovere una azione collettiva finalizzata a:
1) Usare il realismo e la razionalità dopo un lungo periodo di enormi sofferenze
2) Scegliere i propri rappresentanti fra le personalità più sagge e sapienti delle diverse cittadine, che siano riconosciute dai più per la loro abilità intellettiva, per l’onestà, la libertà di espressione; a questi è affidato il compito di indire riunioni serie all’interno - e non al di fuori - del Paese, assieme, e non in contrapposizione, ai loro vicini, per garantire a se stessi e agli altri un futuro migliore.
I cristiani della piana di Ninive e i loro vicini
- I cristiani della piana di Ninive vantano una lunga storia in tema di rapporti con i loro vicini musulmani, partendo dalla lealtà alla propria cittadinanza, che li ha resi anch’essi un bersaglio dello Stato islamico (SI). Per questo, i cristiani della piana di Ninive ben conoscono in termini empirici che la loro lunga storia di vicinato e fratellanza con loro [i musulmani] non può essere ridimensionata in seguito alle atrocità e dagli atti di terrorismo commessi dall’Isis.
- È un dato di fatto significativo che i cristiani della piana di Ninive comprendano che vi sono linee comuni con i loro vicini e che esse sono indispensabili; su queste basi va fondato lo sviluppo futuro della regione e vanno fissati i progressi da conseguire. [Cristiani e musulmani] hanno condiviso assieme gioie e dolori, costumi e tradizioni attraverso generazioni intere in qualità di vicini e amici.
Facendo riferimento alla interazione culturale e morale, in special modo in queste circostanze così catastrofiche, vorrei presentarvi alcuni esempi attuali e vivi. La scorsa settimana ho visitato due famiglie che sono rientrate nella cittadina di Karamles. Una di queste famiglie è cristiana, l’altra è musulmana-Shabak. Le due famiglie parlano caldeo (aramaico) e hanno le stesse tradizioni, i medesimi costumi e vivono fra loro in condizione di buon vicinato.
Esigenze comuni, posizioni unificate e la priorità sicurezza
Ecco, di seguito, alcuni punti essenziali che non possono essere procrastinati per il carattere di urgenza che rivestono:
- Concordare su richieste comuni e accettabili, che siano attuati secondo la Costituzione e le leggi internazionali. Dare vita a una posizione chiara e univoca per avviare la discussione con i governi centrale e regionale.
- Garantire sicurezza e stabilità, valutando la possibilità di richiedere un controllo internazionale a garanzia della pace nella regione. La gente della piana di Ninive ha bisogno di essere rassicurata a causa delle enormi sofferenze subite per via dei conflitti, delle guerre, dello sfollamento e dell’emarginazione continua e prolungata.
Un desiderio da sottoporre all’opinione pubblica locale e internazionale
Ultimo, ma non meno importante, vorrei ribadire un desiderio già espresso in passato all’opinione pubblica locale, regionale e internazionale: credo davvero che la sola soluzione percorribile per tutti i cittadini sia quella di stabilire un sistema avanzato, democratico e civilizzato attraverso il quale ottenere e garantire giustizia e uguaglianza. Questa è l’unica via per mettere fine agli annosi problemi che caratterizzano ancora oggi l’area.
Questa è anche l’occasione per lanciare un appello al governo irakeno, perché adempia ai propri obblighi nel garantire la sicurezza e lo stato di diritto; perché ricostruisca queste cittadine con tutte le loro case, scuole, istituzioni, uffici pubblici, ospedali e chiese; e perché aiuti i cittadini ascoltandoli e dando risposte positive alle loro legittime e reali domande e aspirazioni. Concludo augurandomi che questo appello possa costituire l’impegno minimo in riferimento a ciò che il governo è chiamato a fare.
Queste idee esprimono la visione della Chiesa caldea, e sono condivise da tutti e 20 i vescovi che la compongono.
* Patriarca di Babilonia dei Caldei e presidente della Conferenza episcopale irakena
(Trad. a cura di DS)