P. Tom, rapito in Yemen, "è ancora vivo"

L'assicurazione arriva dal vice primo ministro dello Yemen. Il governo yemenita “sta facendo tutto il possibile” per la liberazione del salesiano. Ministro indiano degli Esteri rinnova l’offerta di assistenza per le operazioni di rilascio.


New Delhi (AsiaNews) – P. Tom Uzhunnalil, il salesiano rapito in Yemen nel marzo 2016, “è ancora vivo”. Lo ha assicurato ieri Abdulmalik Abduljalil Al-Mekhlafi, vice primo ministro e ministro degli Esteri dello Yemen, in visita ufficiale in India. Incontrando la titolare della diplomazia indiana, signora Sushma Swaraj, egli ha aggiunto che il suo governo sta facendo “tutto il possibile per garantirne il rilascio”.

Da oltre un anno p. Tom è nelle mani dei suoi aguzzini, che di tanto in tanto fanno trapelare notizie sulle sue condizioni di salute. Le più recenti risalgono allo scorso 8 maggio, quando il salesiano è apparso in un secondo video in cui egli chiede di essere “liberato” e avverte che le sue condizioni di salute stanno “peggiorando rapidamente”. In un primo video circolato il 26 dicembre 2016, in concomitanza con le festività natalizie, il sacerdote aveva lanciato un appello a papa Francesco per la sua liberazione; inoltre, egli aveva affermato – forse dietro pressione dei suoi aguzzini – di essere stato “dimenticato” dalle autorità civili ed ecclesiastiche e aver bisogno di cure.

Dal 4 marzo 2016 p. Tom, originario del Kerala (India meridionale), è prigioniero di un gruppo jihadista, con tutta probabilità legato allo Stato Islamico, che ha assaltato una casa di riposo per malati e anziani delle Missionarie della Carità ad Aden, nel sud dello Yemen. Nell’attacco sono state massacrate quattro suore di Madre Teresa e altre 12 persone, presenti all’interno della struttura. Unica religiosa sopravvissuta al massacro perpetrato “per motivi religiosi” è stata suor Sally, superiora della casa, che al momento dell’incursione si trovava all’esterno dell’istituto.

A Pasqua dello scorso anno sono circolate voci – senza fondamento – di un piano elaborato dai rapitori che prevedeva la tortura, l’uccisione e la crocifissione del sacerdote il 25 marzo, in concomitanza con il Venerdì Santo. Tali voci sono state smentite a più riprese dai salesiani e da mons. Paul Hinder, vicario apostolico dell’Arabia meridionale, ma hanno alimentato i timori sulla sorte del sacerdote indiano.

La dichiarazione del dignitario yemenita arriva in seguito all’interessamento della controparte indiana, che ha sottolineato “la preoccupazione del governo [di Narendra Modi] per la sicurezza e il benessere di p. Tom”. Alle autorità dello Yemen, ha continuato una nota del ministero dopo l’incontro, “abbiamo confermato la [nostra disponibilità alla loro] richiesta di continua assistenza per garantirne il rilascio in tutta sicurezza e in breve tempo”.